giovedì 31 agosto 2017

IMMAGINI INCANTATE (alcuni miei scatti senza commenti)



Dilettanti scatti di fotografie
fatte durante i miei viaggi
in giro per il mondo.
Immagini, ricordi e la voglia 
di partire e fermare in un attimo
qualcosa di meraviglioso.

Giampaolo D.























mercoledì 30 agosto 2017

IL BATTITO DEL CUORE



IL BATTITO DEL CUORE

Come batteva forte il cuore
quando ci eravamo fermati 
nella radura tra verdi montagne
vicino al lago blu incantato.

Come batteva forte il cuore
non capivo se fosse per la corsa
o per i tuoi occhi color del cielo
oppure per il tuo sorriso dolce.

Come batteva forte il cuore
mentre prendevi la mia mano
per alzarci insieme agli altri
proseguendo il cammino nel bosco.

Come batteva forte il cuore
saperti cosi accanto sfiorandoti
per caso una mano o il braccio
sentire il tuo sguardo su di me.

Come batteva forte il cuore
gli altri erano davanti a noi
la tua mano posata sulla mia spalla
e io avrei voluto baciarti.

Come batteva forte il cuore
nei giorni del primo amore
dove il sentimento pulito
faceva sognare un mondo di fiabe.

Come batteva forte il cuore
nei nostri piccoli dodici anni
dove il rossore delle guance
era la cosa più dolce del mondo.

Come batteva forte il cuore
quando ormai eravamo lontani
la vacanza finita troppo presto
ed i miei pensieri volavano da te.

Come batteva forte il cuore
teneri ricordi di un passato
di ragazzini ingenui e romantici
dove ancora tutto era da scoprire.

Come batteva forte il cuore...

martedì 29 agosto 2017

E DI NUOVO IL PROFUMO D'AUTUNNO




E DI NUOVO
IL PROFUMO DELL'AUTUNNO

Non è ancora finita l'estate ed il caldo ma il cielo alla sera, prolunga le ombre ed il vespro si annuncia in anticipo di qualche ora... 
Nonostante le foglie verdi ed i fiori nei giardini e sui balconi, sento già il profumo dell'autunno arrivare.
L'estate è ora una sottile sensazione di una stagione che va a morire piano piano, è un disagio leggero che penetra nell'intimo e ti fa capire che presto un'altra stagione triste e malinconica sta per giungere.
Ho sempre amato l'autunno e l'inverno da ragazzo perché con i colori, i profumi e le atmosfere mi facevano sognare, fantasticare, provare sensazioni inebrianti... 
Era come entrare in un magico mondo ovattato dalla nebbia, dal vento, dalla pioggia, dalla neve, dalla brina e dalla sensazione di calore che si provava quando si tornava a casa dopo una giornata di studio, di lavoro. 
Solo lì ti sentivi protetto e cullato tra luci, il tappeto su cui potevi camminare a piedi nudi, le coperte calde e il cibo gustoso, pieno e la sera leggere un bel libro mentre fuori il buio gelido della notte lo si sentiva così lontano.
Poi un giorno era accaduto qualcosa.
Qualcosa che aveva stravolto tutto ciò che amavi, che ti faceva star bene e quelle atmosfere sparirono piano come una cometa che veloce, si era schiantata nell'atmosfera diventando polvere.
Le belle sensazioni lasciarono il posto alla malinconia, al disagio, al desiderio di fuggire, all'avversione di quei colori che un tempo facevano sognare ed entrare in una favola.
Più il tempo passava e più l'avversione per questa stagione e la successiva si trasformava in odio.
Odio per quelle sere buie, per quella nebbia, per quella pioggia, per il freddo, per la brina, per il vento, odio per quello che era stato e che non era più.
Ed intanto il tempo passava e l'odio piano si trasformava in rassegnazione, in una accettazione inconscia insieme alla speranza che tutto questo tempo, se ne andasse in fretta, più veloce... 
Poco importa se gli anni volavano via velocemente.
Ora non ci sono più sentimenti per questa stagione, mi lascio vivere non pensando, non ci sono più le calde atmosfere, non esistono più le cose che ti facevano stare al sicuro in casa, esiste solo l'indifferenza per ciò che si muove attorno a me, tanto come ogni stagione, questa cambierà il suo aspetto a breve e il lavoro aiuta a non ricordare un tempo sereno ormai lontano.
E' la vita, si cambia come le stagioni, si è allegri e vivi come la primavera e l'estate, si diventa malinconici e disillusi come l'autunno e l'inverno.
Eppure ancora riesco a guardare i colori a sentire i profumi, perdermi nei rossi dei tramonti e la sensazione strana del vento che facendo volare i capelli fa perdere i pensieri nel nulla... 
Ecco l'indifferenza, l'indifferenza dell'inverno che si affaccia nella mia vita, ma ancora sto aspettando questo autunno che, spero, passi via il più velocemente possibile.

Giampaolo D.

lunedì 21 agosto 2017

...E SOGNARE...



...E SOGNARE...

La strada in discesa
oleandri e palme
come filari colorati
seguivano l'asfalto.

L'auto correva veloce
giù per quella strada
mentre cantavamo
illuminati dal sole.

Lontano quella distesa
mare azzurro cobalto
una spiaggia dorata
macchiata di verde.

I nostri piedi 
impronte su granelli dorati
il vento caldo estivo
tra i capelli e sulla pelle

Le onde bianche infrangersi
sulla rena e urla di gabbiani
mentre il sole calava
tingendo il paesaggio di rosso.

Profumo di salsedine
inondava quel posto
il mare tinto di tramonto
e la prima stella lassù

Disteso guardavo il cielo
sole rosso lontano
lucine d'argento nel blu
e la risacca come un'eco

Il mare con le onde leggere
bagnava i miei piedi
sentivo voci ad occhi chiusi
...E sognavo...

G.D.


lunedì 7 agosto 2017

IN QUELLA STRADA DI CITTA'



IN QUELLA STRADA DI CITTA'

Lei era uscita da quella casa dove l'aveva vista un tempo felice, dove viveva con quell'uomo che amava e che l'aveva sposata pochi anni prima. 
I loro due piccoli figli erano in vacanza al mare dai nonni per passare il periodo autunnale in un posto soleggiato e tiepido, mentre Milano era immersa in una pioggia ed umidità senza colore.
Non essendoci, loro non avrebbero chiesto a lei: "Mamma dove vai? Possiamo venire anche noi con te ti prego..." e non avrebbe dovuto dire una bugia inventata lì per caso, guardando la loro delusione negli occhi vispi.
Lei era uscita dopo aver ascoltato per caso quella telefonata, tra il marito e l'altra, quella di cui non conosceva l'esistenza ma che da mesi stava scaldando i pomeriggi e a volte qualche sera del suo uomo che adesso le pareva un estraneo. 
Lui le raccontava di impegni di lavoro e di colleghi con cui doveva discutere di progetti fino a tardi.
Stupida, stupida stupida!
Come aveva potuto credergli? Come aveva fatto ad essere così ingenua?
La nebbiolina umida scendeva su di lei, sul suo impermeabile chiaro mentre si guardava nelle vetrine dei negozi in quella strada di città, vedeva il suo volto triste ed i suoi biondi e lunghi capelli che la facevano più giovane dei suoi ventotto anni. 
Sentiva le lacrime scendere lente sul bel viso. Che cosa avrebbe fatto ora? Perché gli aveva lasciato quel biglietto in cucina: "Esco per delle commissioni, torno presto."?
"Torno presto? Non dovrei tornare mai più in quella casa e prendere il primo treno per raggiungere i miei cari" questo era il suo pensiero mentre istintivamente era entrata in quel bar pasticceria di fronte al quel palazzo importante, si era seduta ad un tavolino posto in un angolo e aveva ordinato un tè bollente per scaldare se stessa, per scaldare la sua anima più che il corpo leggermente infreddolito.

Lui era uscito dal tribunale quel tardo pomeriggio, la sentenza era stata definitiva: suo figlio non lo avrebbe avuto solo che per tre giorni al mese, mentre lei, l'ex moglie avida del denaro e di tutto ciò che lui possedeva, aveva preso l'occasione giusta in un momento in cui il suo ex marito aveva avuto una piccola debolezza, una sorta di rifugio occasionale tra le braccia di una collega anche lei in crisi col marito, ma che aveva confessato alla ex moglie per via della sua onestà e lealtà.
Aveva commesso quell'errore di una sera grazie alla continua freddezza di lei nei suoi confronti, una freddezza che da sempre lo aveva ferito e scambiata per carattere difficile.
Invece l'ex moglie, i calcoli li aveva fatti bene. 
La furba, si era presa tutto dall'avvocatessa di grido, alla casa, al figlio fino a quel mantenimento sostanzioso che le avrebbe permesso una vita agiata, incurante degli occhi tristi del figlio di dieci anni che avrebbe voluto abbracciare e stare con il padre che amava tanto.
Lui aveva guardato il suo bimbo con gli occhi lucidi dopo quella terribile condanna immeritata, lo avrebbe visto tra due settimane e per la prima volta con la presenza scomoda di un'assistente sociale decisa dal giudice.
Subito fuori da quelle aule austere e da quell'imponente palazzo grigio, aveva telefonato ai suoi e li aveva sentiti disperarsi, ma ormai il destino aveva tessuto il suo disegno come un ragno con la sua tela.
Si era ritrovato in quella via sotto una nebbiolina umida e tirandosi su il bavero della giacca era entrato in quel bar pasticceria quasi di fronte al tribunale sedendosi ad un tavolino vicino ad una donna bionda dagli occhi tristi che sorseggiava piangendo una calda bevanda.

La nebbia umida aveva lasciato posto ad una sera scura, l'asfalto era lucido e le insegne dei negozi si riflettevano su di esso mentre la città sembrava un formicaio dove le persone tornavano a casa di fretta, dove i tram sferragliando portavano via centinaia di persone mentre innumerevoli auto sfrecciavano nelle strade piene di negozi.
Lui e lei erano usciti insieme dopo aver scambiato qualche frase, si erano guardati negli occhi in quella pasticceria ed entrambi avevano visto se stessi negli occhi dell'altro. Non sapevano neanche loro il perché avevano deciso di uscire e di camminare lungo quel viale alberato dove nessuno li conosceva o che li avrebbero visti amici e conoscenti, intanto ognuno raccontava all'altro la propria storia, la propria disperazione.
Lei si era accorta che lui l'aveva accompagnata quasi fin sotto casa, era un bell'uomo dagli occhi azzurri e sinceri, dal sorriso caldo e buono, le aveva fatto battere il cuore improvvisamente mentre lui le porgeva la mano per salutarla. 
Lui la guardava intensamente provando una tenerezza incredibile per quel volto dolce dallo sguardo chiaro e limpido, l'aveva salutata stringendole la mano e girandosi si era allontanato per sopprimere la voglia di baciarla.
All'improvviso si era fermato più avanti e voltandosi, si era messo a correre verso il posto in cui l'aveva lasciata, eccola l'aveva vista dopo una breve corsa, si era solo incamminata lentamente poco più avanti. 
Aveva quasi urlato il nome di lei mentre la donna bionda si era fermata improvvisamente, lui le si era parato davanti con il sorriso e la fronte bagnata di sudore.
Le aveva messo nelle mani il suo numero di telefono e le aveva baciato dolcemente il dorso della mano come un antico cavaliere, imbarazzata rispose a lui con un sorriso arrossendo un poco, in quel mentre si era sentita sicura, lo avrebbe chiamato e poi il destino avrebbe deciso per loro.

Un suono campane di una chiesa vicino aveva annunciato l'inizio della messa, la statua posta sul campanile sembrava guardare le due figure sotto che stavano prendendo le proprie strade per far ritorno a casa, mentre una leggera foschia stava scendendo dal cielo su quella via di città.

Giampaolo Daccò Dos Lerèn