giovedì 26 maggio 2016

VIVERE I COLORI DELLA VITA


VIVERE I COLORI DELLA VITA





E' sempre meraviglia osservare i colori che la nostra natura ci ha regalato. Ogni volta è una sorpresa, dal paesaggio alle sfumature, dai toni alle atmosfere... 
Cieli azzurri, mari blu, montagne verdi, campagne dorate, le stelle luminose, il sole, le case, i tessuti, i volti diversi di popoli lontani.
Eppure, eppure quando si ripensa al tempo passato, spesso vengono in mente immagini in bianco e nero, come se la mente voglia ricordare quei toni che al momento possono sembrare tristi o cupi, ma che invece alla fine, rivelano con mente attenta, sfumature incredibili.
Come nelle foto, ricordo strade di campagna battute dal sole con campi di grano o rotoli di fieno ombreggiati da alberi alti, i cortili delle case di campagna innevati e i portoni scuri, le sere d'estate passate da piccolo al mare con la nonna dove si ballavano i twist e altre danze "moderne", le scuole frequentate da piccoli dove si indossavano grembiuli neri con i fiocchi azzurri per i maschietti e bianchi con fiocchi rosa, per le femminucce (simboli per fortuna finiti) e il gesso sul bordo delle lavagne...
E tutto questo rivisto in bianco e nero, ritrovando sfumature che i colori, vivaci e allegri non permettono di notare... E' strano, forse sono scherzi della mente eppure, guardando queste fotografie e ripensando al passato, le immagini che affiorano sono di quelle sfumature dei non-colori.
Affascinanti come le nuvole grigie cariche di pioggia, strane come gli schermi dei televisori vecchi, suggestive come macchie di inchiostro su fogli bianchi mischiate a ombreggiature di matite grigie.
Così come pensando alla solitudine o ad un momento di riflessione, riesco a vedermi seduto su un molo davanti al mare, colorato da mille sfumature di bianco, grigio e nero, in attesa di serenità o d'ispirazione.
Come è bello vivere e rivivere i colori della vita, specie se sono in bianco, grigio e nero. anche questa è armonia e serenità.
GpDS 

lunedì 23 maggio 2016

CONFINI



CONFINI

Da piccolo e poi con gli anni a venire, non sono mai riuscito a comprendere quali sono i veri confini che l'uomo abbia mai inventato. Confini mentali, territoriali, sociali e tanto altro.
La fortuna o la sfortuna di aver vissuto parte dell'infanzia e dell'adolescenza in una piccola città alle porte di Milano, mi ha costretto troppo presto a prendere coscienza del fatto che esistono diversità legate a mentalità ed atteggiamenti per me ancor oggi impossibili.
Vivendo allora sul "confine", praticamente vicino al ponte sul fiume che divide tutt'ora la grande cittadina in due parti (e che ora spero non sia più così il modo di vedere le cose), dove quelli di là del ponte non andavano d'accordo con quelli di qua, oltretutto la parte più grande della città (praticamente il centro) era ed è tut'ora divisa da un viale lungo più di un chilometro e mezzo dove anche in questa zona esistevano due parti ben distinte.
L'unico collante era il centro storico circondato dalle mura del castello, dove la vivacità di un comunità fatta da tanti popoli che nel corso dei secoli si era amalgamato sempre di più (spagnoli-francesi-veneti-tedeschi), univa tutti durante le due sagre dei due santi protettori che avvenivano in pieno inverno ed in piena estate.
Le tre parti di questo enorme paese, un tempo chiamate Cogozzo, San Martino in Stambiello e San Rocco (alcuni ironicamente lo chiamavano San Rocco al Lambro) ed ognuna col suo santo patrono, erano nei secoli scorsi, protagoniste di scorribande e di litigi dove quello di là non poteva sposare una dell'altra parte.
Divertente? No, non direi anzi, questi confini inutili di una cittadina fatta di quartieri (un tempo borghi ben distinti) avevano creato lotte e inimicizie incomprensibili.
Ovviamente non farò nomi ma il racconto che dirò ora, rispecchia quella realtà e da protagonista di allora, mi fa ritrovare ora, in quest'attimo a sorridere alla scena che a quel tempo mi sembrava tragicamente assurda.
Con la mia famiglia praticamente abitavano sul confine, sulla linea "doganale", dove un tempo lontano c'era un albergo, gestito da un prozio con tanto di riposo per i cavalli e quindi "un confine", infatti essendo in "bilico tra una parte e l'altra, mi fecero fare la scuola materna da una parte e le altre, nel quartiere opposto.
Per me una valeva l'altra.
Avevo circa otto o nove anni ed in una bella giornata di sole estivo,i ritrovai un giorno a gironzolare per il viale alberato di San Rocco, quando fui avvicinato da quattro ragazzi più o meno coetanei, al che uno protestò perché io fossi nella loro zona, nel loro quartiere e voleva picchiarmi perché abitavo aldilà del ponte. 
La frase che blocco il tipo, fu dell'altro suo amico:
"Ma sei scemo? Il Paolino è sul confine sul ponte, zona neutra, lascialo stare e guarda di là..."
In fondo al viale stavano giungendo tre ragazzi della zona di San Martino in bicicletta...
Fu lì che vidi l'assurdità della cosa.
Si picchiarono, litigarono, gli altri fuggirono e chiamarono i loro amici del quartiere...
Non so cosa successe dopo, io, quello sul confine, alla dogana, me ne andai veloce evitando di vedere cosa sarebbe accaduto poi.
Ecco questo era un piccolo aneddoto accaduto degli anni sessanta, cinquantanni fa quasi.
Ed ora siamo ancora allo stesso punto: i confini.
L'uomo vive di queste cose, sia socialmente, mentalmente, economicamente e poi parla invano di uguaglianze e fratellanza, si a parole.
Potrebbero andare anche bene i confini di stato invisibili ed inventati, potrebbero essere utili protezioni in caso di necessità ma i più pericolosi sono quelli mentali, dove il pensiero impedisce di vedere l'uguaglianza, la capacità di comprensione, l'aiuto reciproco, la tolleranza, il bene comune...
E siamo ancora qui a scannarci perché uno è rosso, uno è bianco, uno è nero, perché uno è africano, uno è inglese, uno è eschimese.
siamo ancora qui dopo millenni, ad insultarci e farci guerre perché uno è cristiano, l'altro induista ed un'altro ancora ebreo... 
Poi ancora perché uno è etero, uno è gay, l'altro è un prete oppure un militare... 
Perché ed a cosa serve?
Tutti questi inutili confini invisibili, ignobili ed umilianti per gli esseri umani non porteranno che al nulla, come sempre sarà.
Peccato, forse un giorno questi limiti cadranno, solo allora potremmo dirci fratelli e urlare siamo uguali e nessuno è diverso... Solo allora, forse.
GpDS


lunedì 16 maggio 2016

LA FOGLIA




LA FOGLIA

Ed il tempo vola,
lasciando sulle strade
 tante foglie,
ormai spente.


Una foglia
nel vento, nel cielo,
nell'azzurro dell'universo,
uno spirito, un'anima pulita,
fin laggiù dove
l'orizzonte va a finire
scomparendo per sempre


Ed una foglia
smarrita e caduta
su una strada
mostra i segni
di una lunga vita,
di un destino
finito per caso
come tante vite,
che portano a mete
lontane o vicine
fino alla fine
dell'orizzonte

DpGS





venerdì 13 maggio 2016

LEGGERE NOSTALGIE DI ATMOSFERE PASSATE




LEGGERE NOSTALGIE
DI ATMOSFERE PASSATE

Non avrei mai immaginato da giovane, che un domani avrei rimpianto qualcosa del passato e con nostalgia, non tanto per ciò che ho vissuto ma per le atmosfere assaporate. Una foto di quando avevo 20 anni gli anni più belli che ho vissuto durante tutta la mia vita mi ha catapultato indietro di quasi quarant'anni. Certo c'erano gli anni spensierati di bambino finché non sono andato ad abitare con i miei, con un padre che mi ha sempre odiato. Poi l'adolescenza difficile in un paese ottuso e stretto per le mie ambizioni. Di nuovo la svolta e gli anni più belli dal 1979 fino all'83 e poi le tragedie... Tutte vissute in prima fila e protagonista attivo e passivo di una vita che si stava sgretolando tra le mani. dove ho perso tutto e tutti... Poi la lenta ripresa dal 1997 da sempre con difficoltà e un matrimonio nel 1998 felice ma con le sue problematiche. Parlare di se stessi non va bene qui su questo social network, lo so, ma è bastata una canzone ed una foto e subito il meccanismo orribile dei ricordi e nostalgie si è messo in moto e ti ritrovi in condizioni di rimpianti del tempo passato e di quegli anni felici durati un soffio. E' vero ci sono momenti di serenità ed altri bui, ma sono sempre quello che tira le redini del mio destino e di chi ti è rimasto vicino. Faccio mille cose per soddisfare le mie piccole ambizioni ma dal ragazzo allegro che fui, è rimasto un uomo disincantato ed un po sognatore che sempre prende le sue responsabilità. Mi ritrovo a volte, a ricordare con canzoni e foto, quegli anni lontani vissuti con intensità e che non torneranno mai più e consapevolmente proseguo un cammino ancora e spero lungo, dove accadranno altre cose e conoscerò altre persone ma non riuscirò più ad essere felice e non so perché. Chi mi conosce sa che in compagnia sono allegro e casinista ma dentro c'è sempre quella punta di malinconia che sfogo, per fortuna, con racconti che servono sempre come aiuto. Mi vedo sempre come fossi seduto davanti ad un mare a volte calmo, a volte in burrasca, a volte luminoso, a volte notturno con onde spumose che raggiungono i miei piedi... Mi vedo vecchio ad aspettare stanco ma felice di aver risolto i compiti della mia vita... E nonostante tutto questo ho voglia di assaporare sempre ciò che arriva dal destino sperando che, chi mi sta accanto ora, lo stia anche in quei giorni futuri e lontani.
GpDS

mercoledì 11 maggio 2016

LUI CHE ASPETTAVA




LUI CHE ASPETTAVA

"Mi chiamano... Devo andare!"
Era la solita frase che conosceva già da tempo, Davide sapeva che questa cosa succedeva sempre nel momento in cui mai doveva accadere e soprattutto quando squillava quel dannato telefono.
Davide guardava quella figura dalla finestra, l'osservava mentre entrava in auto e con una velocità folle spariva in fondo alla via.
Lo sapeva Davide, sapeva a ciò che andava incontro quando quella domenica mattina piovosa di agosto incontrò Livio, nell'unico bar aperto in centro della città dove entrambi vivevano, senza mai essersi visti ne conosciuti.
Ricorda bene quel ragazzo di trentanni vestito elegantemente di blu, l'orologio costoso al polso e l'anello, la fede matrimoniale nella mano sinistra.
Quando Davide ordinò il suo caffè, l'altro si girò a guardarlo, al ragazzo tremò per un attimo il cuore, due occhi verdi incredibili ed un sorriso si aprirono davanti a lui.
"Altra anima sola..." disse ridendo facendo l'occhiolino al barista che, probabilmente conosceva da tempo "In questa città vuota per le ferie... Mi chiamo Livio." disse porgendogli la mano.
"Davide" balbettò arrossendo l'altro...
Non si sa come i fili del destino intreccino le vite delle persone, nel giro di due ore si ritrovò in camera da letto di Livio.
Davide avrebbe voluto scappare ma qualcosa lo trattenne e nello stesso tempo l'attrazione per quell'uomo si mischiava con la voglia di fuggire.
"Non aver paura, so cosa sto facendo Davide, mia moglie e le mie figlie... " continuava Livio spogliandosi, mentre con una stretta al cuore, Davide osservava le foto di quella famiglia sorridere felice da luoghi incantevoli "Dicevo la mia famiglia è al mare ed io... Ogni tanto mi tolgo un desiderio..."
"Un desiderio!" pensava Davide attratto da quel fisico, da quella voce, da quella personalità "E' solo un'avventura con uno sposato che tradisce la moglie e la prende in giro e chissà con chi altri."
"Se stai pensando che io vada con chi mi capita a tiro, ti sbagli piccolo!" rispose lui guardandolo negli occhi... "Io scelgo, da perfetto egoista ed ipocrita, scelgo ciò che mi sembra il meglio..." ed avvicinandosi sempre di più a Davide accarezzandogli poi la fronte con due dita continuò "E tu lo sei, l'ho capito subito.".
Fu la prima volta che al ragazzo capitava una cosa del genere, più tardi guardava la pioggia cadere fitta dal cielo in quella camera dalle ombre blu, mentre l'altro dormiva abbracciato a lui. 
Non sapeva ancora che Livio sarebbe entrato nella sua vita per tanto tempo.
Tre anni di amore nascosto, tre anni di sofferenza, per la nascita di un altro suo figlio e per i fine settimana passati da solo o con qualche amico, pensando a Livio con la sua famiglia ignara di tutto ciò. 
Fu un colpo al cuore quando li vide tutti e cinque in centro un sabato pomeriggio, aveva evitato le uscite in quelle ore, per non incontrarlo ma quella volta no, era stato davvero un caso.
La moglie, giovane e bella, bionda e sorridente presentatagli con noncuranza dall'altro mentre nel suo petto il cuore batteva forte ed avrebbe voluto gridare.
Le due bambine ed il maschietto, i figli stupendi ed ignari come la loro madre di ciò che era il padre...
I giorni passavano e Livio era ancora presente nella sua vita, solo un paio di sere la settimana a casa sua, di Davide. Briciole. Polvere. Granuli di uno strano amore.
E bastava una telefonata che subito Livio fuggisse via da lui anche nel momento in cui non si dovrebbe farlo mai...
Per Davide ora alla finestra, era venuto il tempo di dare una fine a questo amore, a questa storia. Soffriva troppo e quando aveva visto sparire l'auto di Livio dietro alla curva alla fine della sua strada, aveva deciso: basta!
Si era messo sul divano a piangere come un bambino, il viso tra le mani mentre le lacrime bagnavano quel volto triste, ma non sarebbe tornato indietro... Domani lo avrebbe chiamato.
Un piccolo raggio di sole in quel momento stava entrando nella camera ed illuminò la foto sul mobile a fianco, la foto di quando Davide era bambino, al mare seduto sull'altalena sorridendo a suo padre mentre scattava quella foto.
Alzandosi, la prese e la mise tra le sue braccia stretta al cuore, era di nuovo pronto a dare una svolta alla sua vita, a dimenticare, forse, lui. L'uomo del "Devo andare", l'uomo che non poteva dargli ciò che cercava: una vita insieme.
Appoggiò la foto sul mobile ed uscì di casa.

(Dedicato a te L. amico mio, che finalmente hai deciso per la tua serenità)
G.D.S.

lunedì 9 maggio 2016

DONNE SOLE, DONNE FORTI



DONNE SOLE
DONNE FORTI

Quante donne che hanno sacrificato la loro vita per tutti e per tutto.
Quante donne che hanno lasciato loro stesse per dedicarsi a qualcuno  o qualcosa di estraneo alla loro essenza.
Quante donne che sono rimaste schiave di un amore vissuto a senso unico.
Quante donne sono rimaste vittime di un carnefice che fingendo di amarle le ha sempre usate.
Quante donne sono state sole ed ignorate perché hanno fatto parte di una cultura retrograda, maschilista e patriarcale.
Quante donne succubi di figli, figlie, nuore, generi e nipoti egoisti, disposte a lasciar correre torti, prevaricazioni ed offese.
Quante donne sfruttate nel lavoro come esseri invisibili, come animali da soma senz'anima.
Eppure, la loro vita è stata ed è sempre intensa, piena di sentimenti, passioni, amore, emozioni.
Le donne sono come una tazza di tè, un tè che può avere mille spezie profumate e mille colori e sapori.
Una tazza di tè che da sempre calore, desiderio, soddisfazione che aiuta a finire una giornata difficile.
Che aiuta ad assaporare la vita: dolce, amara, succosa, semplice, aromatica.
Una vita che solo le donne sanno vivere e comprendere.
Immagini di donne di tutto il mondo, di tutte le etnie, ormai arrivate ad un traguardo sole e forti, sedute davanti ad una tazza di tè aromatico, con occhi intensi pensando ad un passato, fortunatamente lontano.
Dove la sofferenza ed il sacrificio sono solo ricordi, messi in un angolo del proprio cuore.
Dove, sorseggiando lentamente quella dolce bevanda ambrata, finalmente possono pensare o dire, fra loro o da sole: 
Finalmente ho ritrovato me stessa.

DGS

lunedì 2 maggio 2016

VAI PER LA TUA STRADA



VAI PER LA TUA STRADA


Erano passati pochi giorni da quando partisti per altri lidi, per un posto che non è mai stato qui vicino a noi, per un luogo sconosciuto a tutti, per un mondo dove i profumi intensi accolgono chi, come te, avevano sofferto e vissuto molto nella loto vita.
Ti pensavo seduto sui gradini di casa con alle spalle la famosa scala che vide, nel corso degli anni, la vita di tutti noi, quella scala che osservata dal basso sembrava portasse in chissà quale giardino o terrazzo meravigliosi.
Guardavo le nuvole bianchissime nel cielo, la volta sopra di me era un manto azzurro incredibile e per passare il tempo, contavo le feritoie del castello di fronte, nella via dove abitavamo da sempre.
Pensavo a ricordi, ad un passato lontano, a tutto ciò che era stato, che poteva essere e che non era mai accaduto dopo...
Quel dopo che sapeva di sconfitta, di dolore, di impotenza. Quel dopo che aveva fatto sprofondare negli abissi le persone che avevano vissuto quella storia
Eppure non sentivo tristezza, ma solo malinconia. Una leggera brezza soffiava sul mio volto e sui miei capelli e con la mente vedevo lei: leggera, bionda, ma sempre di spalle, come non volesse più guardarmi negli occhi.
Mentre stavo la stavo pensando ed il mio cuore incominciava a stringersi in una morsa di malinconia ecco, un'ombra passò di fianco a me, vidi una valigia azzurra posarsi sull'asfalto davanti ai miei occhi, la mano che la teneva aveva un bracciale ed un anello inconfondibile.
Prima che mi riavessi dallo stupore, dietro la mia nuca sentii questa frase:
"Vai caro, Ora si... Vai per la tua strada."
Mentre stavo per parlare e chiamarla, mi girai verso le scale e la vidi salire senza voltarsi indietro, i capelli biondi e lunghi sulle spalle, un vestito azzurro le copriva le forme del corpo esile, lei stava salendo velocemente mentre la mia mano istintivamente prese la valigia azzurra.
Leggiadra scomparve alla fine delle scale, inghiottita forse da quel giardino o terrazzo tanto immaginato alla fine di quella rampa. Mi alzai per vedere o trovare qualcosa, davanti ai miei occhi solo un quadro azzurro, come fosse stato dipinto dalla tavolozza di un pittore che chiudeva tutto, una parete di cristallo in cui non poteva riflettersi nulla.
Nella mia mente solo quella frase: "Vai per la tua strada."
Abbassai lo sguardo e mi vidi vestito in jeans e maglietta bianca, la valigia azzurra nella mano e davanti a me una via lunga con i suoi cigli pieni di fiori, poi di alberi, di rovi, di spine, poi più lontano ancora cespugli di fiori profumati ed poi ancora roseti e ulivi.
Quella strada finiva lontanissima verso un punto, un punto che dovevo raggiungere chissà quando e nel cuore: "Vai per la tua strada." 
Vi voltai per istinto ma non c'era più nulla dietro me, ne la casa, ne la scala, ne il castello... Solo un cielo dorato ed un profumo intenso di qualcosa di arcano, ripresi il mio cammino lentamente verso quel punto lontanissimo dove il cielo spariva alla vista.
Un rumore mi fece aprire gli occhi, mi risvegliò da quel sogno strano; in un angolo della stanza la mia valigia azzurra era là, ferma come sempre vicino alla finestra della mia camera e nei miei pensieri è rimasta quella voce che conoscevo bene:
"Vai per la tua strada."
In quel momento nonostante il dolore nel cuore mi sentii libero di andare.

Giampaolo D.S.