lunedì 26 ottobre 2015

E' STATO SOLO UN SOGNO





28 OTTOBRE 1991/28 0TT0BRE 2015
E' STATO SOLO UN SOGNO
Dieci disegni e fotografie per descrivere un numero, un numero che al momento non potrà sembrare nulla d'importante ma che invece, per chi ha vissuto quel “sogno”, in questo istante lo è.

I 24° libri ognuno con 24 capitoli formati da 24 pagine ed in ogni pagina fatta di 24 righe, sono stati narrati 24 sogni, corredati da 24 disegni, dove si potevano intravvedere 24 orizzonti diversi, che portavano in 24 lunghi viaggi, fatti di 24 voli leggeri verso 24 cieli immensi.

Ed oggi 28 ottobre, tu ora dove sei?
Avevi 24 anni e sono 24 anni che sei svanita nel nulla, scomparsa chissà dove e con chissà chi. 
Ti piaceva il n° 24 e mi sono chiesto chissà mai il perché? 
Avevi 24 giorni quando mamma per la prima volta ti mise fra le mie braccia, preoccupata che potessi farti cadere.
Avevi il n° 24 come posto all'asilo ed era il giorno 24 quando avevi incontrato l'amore per la prima volta, me lo dicesti con gli occhi che brillavano. 
Sono state esattamente 24 giornate bellissime la nostra ultima vacanza insieme al mare prima che tu ti fidanzassi e sposassi.
Anche quel giorno era il 24 febbraio, quando ci chiamarono perché tu eri molto grave e forse non avresti passato la notte.
Poi ti operarono e passarono altre 24 ore per sapere se potevi essere fuori pericolo e fu così per fortuna. 
Chissà perché alcune persone sono “segnate” da un numero per tutta la vita.
Poi arrivarono quei giorni terribili, il giovedì “casualmente” del 24 ottobre, qualcosa andò storto... 
Alle ore 24 del giorno dopo eri finita in chissà quale luogo lontano dove nessuno potesse, consciamente, raggiungerti.
Che numero strano il 24, anche quel lunedi del 28 ottobre, la telefonata arrivò alle 13,24 annunciandoci che tu eri partita per altri lidi, forse molto più gioiosi, dove la tua bellezza sarebbe stata ancor più valorizzata, perché si sa, i più amati e belli, se ne vanno nel viaggio prima degli altri.
E così si ritorna ai disegni e alle parole collegate poco sopra, dove la tua vita è stata vissuta come fosse fatta solo di 24 libri, 24 capitoli, 24 pagine, 24 righe in cui si sono raccontati 24 sogni e colorati 24 dipinti, messi come sottofondo a 24 orizzonti pieni di speranze che poi si sono persi in quei 24 lunghi viaggi diversi tra loro per dividersi in 24 voli alla volta di 24 cieli luminosi... 
Ed ora io mi chiedo: sei stata una realtà o un sogno?
Ciò che abbiamo vissuto insieme per 24 favole colorate è stato solo frutto della mia fantasia o c'è stato veramente?
Voglio credere che quella luce che s'intravede alle mie spalle mentre ti ricordavo in quell'istante, prima di scrivere queste povere righe fossi tu, a dirmi “c'ero” “ci sono” e “ci sarò” sempre.

sabato 17 ottobre 2015

OGGI QUALCOSA E' CAMBIATO


OGGI QUALCOSA E' CAMBIATO

Mi sono svegliato dopo una notte insonne ed agitata...
Quanto ho aperto le finestre ed ho visto il cielo azzurro,
ho sentito che qualcosa dentro di me era cambiata.
Ho messo la musica ad alto volume
e cantando sono entrato in doccia.
Più tardi dopo aver sistemato casa ed
indossato gli abiti che mi piacciono molto,
come se in quel momento portassero fortuna,
sono uscito in strada.
C'erano molte persone nel viale alberato,
il sole era forte e l'aria fresca,
qualche nuvola leggera passava veloce in cielo,
così mi sono rifugiato in una pasticceria e
dopo una golosissima colazione,
ho preso la strada per il centro
finendo con una lenta passeggiata
in Brera, il quartiere degli artisti,
ammirando strane botteghe e locali insoliti,
poco dopo, come fossi stato attratto 
da una forza irresistibile
sono entrato nel grande parco verde
e la sensazione che la vita sia entrata in me
è stata immensa.
Una specie di felicità e di serenità mi ha pervaso,
ogni passo sulle foglie dei vialetti
tra le castagne cadute dagli alberi, 
ogni sguardo su quel verde, bruno e giallo
di quelle enormi piante e prati attorno a me,
ogni cinguettare ed ogni rumore della natura
mi hanno fatto sentire vivo e pieno di energia.
Mi sono seduto ad assaporare quella 
bellissima sensazione che da molto non sentivo.
Mi sembrava di stare in comunione con il tutto,
un a sorta di piccola estasi ed "ascoltavo" ad occhi chiusi
quella sintonia naturale che tutti
dovrebbero avere con il mondo, con l'universo.
A volte basta poco per trovare una serenità
che ogni giorno perdiamo
distratti da mille cose e pensieri,
basta un nulla ed un attimo di attenzione
a ciò che abbiamo attorno
per farti scoprire quanto è bello vivere, 
nonostante tutto.


lunedì 5 ottobre 2015

STAGIONI BUIE




STAGIONI BUIE

Odio l'autunno
Odio l'inverno
Ho imparato a detestarli
Per il freddo
Per le piogge umide
Per la fine della luce
Per chi ho amato
Chi ha fatto parte della mia vita
E che ho perso
In queste stagioni
Odio le giornate buie
Che non lasciano spazio al respiro
Odio il freddo pungente
Che penetra nelle ossa
E nel mio cuore
Odio il vento gelido
Che porta ricordi 
Tristi e lontani dell'abbandono
Odio le feste invernali
Perché la solitudine 
Adombra i sentimenti
Odio vivere sperando
Che torni presto
La primavera e l'estate

(Giampaolo Daccò)

venerdì 2 ottobre 2015

IL DOLORE DEI POVERI


IL DOLORE DEI POVERI


Questa frase "Il dolore dei poveri" mi è rimasta impressa nella mente da qualche giorno, da quando una signora che conosco da tanto tempo mi disse: "I ricchi non conoscono il dolore dei poveri."
Una frase davvero toccante a cui non ho saputo rispondere se non con un abbraccio e queste parole a quella signora che piangeva: "Ma non sanno quanto amore c'è nel cuore dei poveri."
Vorrei raccontarne la storia per far capire quanta miseria umana c'è in giro, quante persone ricche, ma molto ricche possano essere di una meschinità e cattiveria immane mentre, persone umili o povere, di ceto sociale inferiore e straniere, possano essere di una levatura mentale e del cuore suprema comprendendo una dignità incredibile.
Ovviamente cambierò i nomi, alcune situazioni per non far riconoscere i protagonisti della storia, non sarebbe giusto ma vorrei far comprendere a chi leggerà questo racconto, quanto squallore ed arroganza c'è intorno a noi, soprattuttonel nostro piccolo.

Due giorni fa ho visto Rosario in un angolo del palazzo piangere, Rosario è una signora straniera dal forte accento spagnolo che con la sua famiglia, da più di trent'anni vive e lavora in Italia. Una persona dal cuore immenso, di un'onestà e bravura quasi indescrivibile, dolce sempre sorridente e pronta ad una buona parola anche in un momento di difficoltà suo e degli altri.
Mi sono avvicinato e le ho messo la mano sulla spalla "Che succede Rosario?" ho chiesto preoccupato.
Mi ha guardato con quegli occhi scuri e buoni restando un attimo in silenzio poi disse: "E' accaduta una cosa tremenda Paolo, mia nipote di trentacinque anni è caduta dal motorino mentre tornava dal lavoro ed è morta picchiando la testa sull'asfalto..."
Istintivamente le diedi un abbraccio "Ha lasciato qui due bambini, una di un anno e uno di dodici..."
Che dolore, che tristezza negli occhi di Rosario, ho cercato di trovare delle parole di consolazione e siamo andati poi a bere un caffè, volevo farle compagnia anche per poco e per non farla sentire sola. 
Sentivo dentro di me che c'era dell'altro, non era solo un dolore per la morte di una persona cara, forse nascondeva qualcosa di più.
Nella mia vita ho imparato a guardare negli occhi le persone ed ascoltare le loro parole e soprattutto andare oltre a ciò che si vede nello sguardo e nelle frasi dette.
Appena usciti dal bar e rimasti soli, la guardai negli occhi e le ho chiesto vista la confidenza che ci accomuna da anni: "C'è qualcos'altro vero?".
Abbassando gli occhi e rispose: "Sì... Sono molto addolorata per un'altra cosa..."
Intuii il motivo e ne avevo il timore.
"Ho chiesto alla mia signora un permesso per il funerale e..." la voce le si era rotta per un attimo "Le ho detto se potevo prendere un permesso di mezza giornata. Mi ha chiesto il perché e le risposi per andare al funerale di mia nipote, mi ha guardato fredda e mi ha detto poi - La conosco? - No signora non è mai venuta qui..."
In quel momento ho incominciato ad immaginare il resto del racconto.
Rosario con gli occhi bassi continuò: "Allora girandomi le spalle mi ha risposto - E che sarà mai! Io ho bisogno di lei, potrebbe anche non andare. Anche una mia conoscente le è morta la figlia cadendo dalla moto ed io non ci sono andata al funerale."
Provai una rabbia cercando di non darla a vedere, solo la mia voce tradiva una forte durezza: "E tu che le hai risposto?" dissi pensando che se fossi stato al suo posto l'avrei picchiata.
"Niente, cioè ho insistito, così mi ha dato il permesso ma facendomi sostituire da uno dei miei figli... Non ho potuto fare altro."
Le toccai la mano in segno di conforto "Ora vado a lavorare, mi aspetta e non vorrei si arrabbiasse." 
Staccandosi dalla mia mano, piano prese la strada per le scale, si fermò un attimo davanti alla porta e girandosi verso di me che stavo lì a guardarla disse:
"I ricchi non conoscono il dolore dei poveri." la sua voce era molto triste.
"Ma non sanno quanto amore c'è nel cuore dei poveri." risposi istintivamente. Rosario chiuse la porta dietro di se lasciandomi costernato ed arrabbiato.
Ci sono catene che non ti permettono di essere libero, catene che rendono da migliaia di anni, l'essere umano schiavo in un modo o nell'altro di altri esseri umani "privilegiati" e senza cuore.
La dignità di Rosario ed il dolore sommesso non hanno scalfito minimamente la durezza del cuore dell'altra persona, una persona che non le importa della sofferenza altrui, immersa nel proprio egocentrismo.
So che Rosario saprà superare tutti i dolori di questa vicenda ma mi chiederò sempre il perché di questa cattiveria umana e della mancanza di pietà verso il prossimo, soprattutto se quest'ultimo è un sottoposto, un dipendente, un disadattato, uno straniero.
Potrà anche essere consolante la frase: "Quello che si semina si raccoglie", ma ho il vago sospetto che a pagare il prezzo più alto siano sempre i più deboli.

Giampaolo Daccò Dos Lerèn