sabato 21 febbraio 2015

QUANTO TUTTO E' PASSATO



QUANDO TUTTO E' PASSATO

La donna anziana con la pelle rugosa e dai vivaci occhi grigi uguali al nipote seduto accanto a lei, guardano il vecchio album di foto che la ritraggono quand'era piccola, adolescente, giovane, poi donna...
"Com'eri bella qui nonna!" esclama il ragazzino osservando la nonna a vent'anni con un vestito chiaro ed i capelli raccolti, in quella foto in bianco e nero dove stava appoggiata ad una colonna di un palazzo del centro di Milano.
"Ero bella si, ma ora sono più bella dentro..." ride lei, chiudendo l'album appoggiandolo sul tavolino davanti al divano. Il caldo dei termosifoni scalda i due dall'inverno rigido che si intravede dalla finestra, con la neve sui tetti ed i camini che emanano il fumo del riscaldamento.
"Sei sempre bella anche adesso nonna..." dice il piccolo non capendo bene cosa intendesse dire la donna "Però mi hanno detto che sei molto vecchia ed io ho paura che tu possa... che tu possa..."
"Morire?" finisce lei la frase sorridendogli serenamente, il ragazzino si incupisce, lei capisce il dolore che proverebbe quel suo nipote tanto amato, ma si rivolge a lui mettendogli il braccio sulle spalle...
"Vedi morire vuol solo dire andarsene con il corpo, però la mia anima sarebbe sempre qui con te, con voi tutti..."
"Ma non è la stessa cosa."
"No però se ci pensi bene è uguale... Lo so che non capisci, sei ancora piccolo, però ti posso dire che è la legge naturale della vita, anche se a volte non agisce proprio così."
Il ragazzino non capisce molto bene il senso delle parole, ma fa un cenno di assenso verso di lei.
"Vedi Ciccio, io sono arrivata quasi alla fine della meta e sono felice e sai il perché?", lui nega con la testa intento ad ascoltarla "Perchè è tutto passato..."
"Tutto passato?" le risponde sorpreso come se fosse una frase strana incomprensibile.
"Si tutto... Vedi amore, ti spiego, anzi ti faccio un esempio. L'altra tua nonna dove pensi sia ora?"
"Credo si stia preparando per andare a ballare con... con lo zio... Beh con il suo nuovo fidanzato..." dice evitando di guardarla negli occhi.
"Ecco vedi? Maria è molto più giovane di me, è vedova come me ma ha ancora molti anni da vivere e sai che fatica?"
"Fatica?"
"Certo Ciccio... e' una fatica vivere anche se bellissimo... Sei sempre impegnato a conquistare, a difendere, a crescere, a lavorare e tanto altro... Un altro esempio: l'altra nonna si sta dando da fare molto, è quasi in pensione ma lavora, si è fidanzata, le piace ballare e vedere gli amici... Ci sta mettendo tutta se stessa per vivere. Giusto vero?" lo guarda di sottecchi.
"Si penso di si... E' un po' come mamma e papà che lavorano e ci stanno facendo crescere e spesso dicono che sono stanchi... Anche se penso si divertano molto a volte..."
"Bravo hai capito... Hai capito forse..."
Lui le sorride ma davvero non ha ancora afferrato bene tutto.
"Vedi Ciccio, io ho ottant'anni e mi ci vedi a fare le cose dell'altra nonna? Mi ci vedi lavorare di nuovo, truccarmi, vestirmi da giovane magari avere un nuovo marito con cui confrontarmi, discutere, litigare? Uff che fatica..."
"Davvero nonna non ti ci vedo." le dice ridendo abbracciandola "Tu sei così, io ti voglio così come sei..."
"Amore ti spiego solo una cosa che molti forse non hanno capito: la mia vita è stata dura. Un matrimonio non sempre felice, ci sono state malattie, una madre da curare, una figlia morta, il nonno che mi aveva creato dei problemi che non sto a dire. Ho cresciuto altri tre figli di cui una tua madre. Ho lavorato, mi sono ammalata e poi guarita. Poi siete arrivati voi nipoti e siccome ero rimasta da sola ed in pensione ho pensato a voi. Vi ho cresciuti insieme ai vostri genitori, ho fatto le vacanze al mare sempre con voi. Certo ci sono stati angoli dedicati a me stessa, ho letto, scritto, sono stata a teatro, in giro con le amiche e tutto questo per anni. Sono stata felice ed infelice, ho riso e ho pianto..." lui la guarda con la bocca aperta stupito da quante cose ha fatto la sua nonna, non immaginava pensava che lei fosse sempre stata lì con loro. Certo dalle foto era stata bimba, giovane e adulta ma che abbia avuto una vita così intensa proprio non lo sapeva. Lo ha scoperto proprio in quel momento.
"E avrò anche io una vita così?"
"Certo, magari un po' diversa. Quando crescerai dovrai fare tante scelte, dovrai occuparti di tante cose ma è bello anche quando non ti sembrerà... E' la via, la tua vita... Ma capirai tutto quando avrai la mia età e forse più."
"Diventerò vecchio come te allora? Io ... mi piacerebbe..."
"Certo lo diventerai e sarai saggio e consolerai i tuoi nipoti e racconterai tante storie come io ho fatto con te e con gli altri nipoti."
"Che bello!" esclama lui stringendosi più forte a quella nonna così affettuosa e dolce.
Lei non parla più, si coccola a quell'abbraccio del suo piccolo e pensa guardando lontano a quando era piccola, poi adolescente, poi giovane, poi donna e poi vecchia.
"Si per fortuna è tutto passato, la mia vita, le difficoltà, i dolori che sono stati più forti dell'amore. Ho sopportato odio, diffidenza, cattiverie ma ho avuto in cambio anche altre cose belle eppure già allora non vedevo l'ora che gli anni passassero. Che diventassi vecchia e che i problemi finissero, che tutto si era svolto come il destino aveva stabilito alla mia nascita, che il compito della mia vita era quasi finito. Anzi è ormai finito, siamo quasi alla fine e non vedo l'ora."
Lei guarda attraverso i vetri la neve scendere giù copiosa "Nessuno potrà mai capire, dopo esserci arrivati indenni, quanto sia bello dire: "Tutto è passato" e davanti si ha un futuro diverso ed immenso lontano da qui, da dove tutto ebbe inizio molto tempo fa. Sono davvero felice per questo."
Si china con la testa e da un bacio sulla fronte del nipote accanto a lei.

Giampaolo Daccò

giovedì 12 febbraio 2015

Vento di ghiaccio



1947, una notte volgente al mattino, fredda e buia
"Vittoria... Vittoria.... Presto scendi." la voce di Alessandro suo fratello la stava chiamando, si era appisolata sul letto al piano di sopra, dopo aver cambiato il turno con lui... Non voleva che Antonia rimanesse sola sul letto posto in soggiorno vicino al camino caldo. Si mise una vestaglia di lana pesante e corse giù dalle scale di legno in quella casa di paese. Quasi cadde dai gradini dalla fretta e dalla paura di non arrivare in tempo da Antonia, se lo sentiva, dentro di se sapeva che le rimaneva poco tempo, sua madre Marta ormai anziana si svegliò chiamandola. Ma Vittoria era già di sotto vicino a quel letto. Alessandro salì per aiutare la vecchia madre ma a metà scala, Marta con l'altra figlia Cecchina stavano già scendendo.
"Sandrino vai a vedere le bambine di sopra, credo stiano dormendo e non voglio che svegliandosi sentano o vedano tutto, sono troppo piccole." L'uomo in silenzio, camminando piano raggiunse il letto dove dormivano Domenica ed Angela di 13 e 6 anni, sembravano sospese in un mondo di fiaba... Girò sui tacchi e raggiunse le due sorelle e la madre.
Alesssndro e Cecchina, vivevano già da qualche anno con Vittoria e Marta la loro amata madre rimasta vedova tempo prima, la casa era grande e poteva ospitare tutti, erano rimasti solo loro due non sposati, anche se l'anno successivo Alessandro sarebbe convolato a nozze con Gina, una donna molto più giovane di lui. 
Marta guardava la figlia che accarezzava Antonia, sua nipote. Sapeva che stava morendo come le erano morti 4 dei suoi 9 figli e le sembrò di rivivere la stessa scena con Monica, la sua primogenita, morta nel 1918 per il terribile morbo della spagnola in seguito alla prima guerra mondiale, quel male che uccise milioni di persone nel mondo, piangeva silenziosa abbracciata a Cecchina.
La prima guerra le portò via quella figlia, portò al fronte 3 dei suoi figli maschi, riuscirono a tornare tutto, ma sia il marito che due di loro non videro l'altra apocalisse che stava per arrivare, una seconda guerra più terribile che nessuno poteva immaginare...
Vittoria aveva messo le sue mani sul volto pallido di Antonia. Antonia di 16 anni, la tbc se la stava portando via, i suoi occhi erano ormai quasi persi in un mondo lontano, occhi azzurri sopra un viso pallido come la luna, ma dalla sua bocca usciva sempre debolmente la parola "Mamma".
Vittoria sollevò lo sguardo verso il ritratto di suo marito morto anche lui di tisi tre anni prima e quello del figlio Pietro di pochi mesi, perso anche lui prima della nascita di Angela.
Col pensiero si rivolse all'uomo, all'unico uomo che abbia mai amato e che amerà per sempre fino alla fine dei suoi giorni: "Paolo, non farmi portare via anche lei, ti prego, dillo lassù... Mi si sta spezzando il cuore..." e pianse abbassando disperata la testa. Antonia sollevò una mano e toccò il viso della madre, il lampadario ad olio sul soffitto dava una luce strana alla stanza, ombre ingigantite dal riflesso, uscivano dagli angoli dei muri come spettri in attesa di qualcosa, Vittoria si chinò e strinse a se la bellissima figlia.
Tre anni prima dopo la morte del padre, Antonia volle aiutare la mamma andando a lavorare in campagna con alcune amiche, raccoglievano grano, avena, facevano lavori nelle fattorie dei signori... Non c'erano molti uomini o ragazzi, erano quasi tutti in guerra... 
Poi quel pomeriggio caldo, tutti i lavoranti si erano riposati dopo il pranzo sotto due alberi poco fuori il paese, alcuni si bagnavano i piedi nei canali d'irrigazione attorno ai campi. 
Antonia si era alzata per andare a bagnarsi un po' il viso al ruscello poco distante, ma venne raggiunta da un parente. Lui la vide così bella, alta, con i capelli rossi al vento e gli occhi di cielo, il vestito leggero che le sfiorava il corpo di adolescente, tentò di baciarla... Lei respinse violentemente quell'uomo che cadde nell'acqua bestemmiando e non appena lui alzandosi disse "Piccola streghetta adesso...". Un urlo da lontano li fece girare verso gli altri.
"Aerei, aerei da guerra... Stanno arrivando scappiamo... Via via...." donne, ragazze, i pochi uomini incominciarono una fuga verso le cascine, per trovare riparo. Due aerei da guerra dopo aver sorvolato e sparato sul paese, si stavano abbassando verso di loro, Antonia venne presa per mano da due amiche, mentre un uomo davanti a loro le spronava a correre più forte, le case sembravano ancor più lontane di quanto lo fossero mentre il terrore attanagliava cuore e mente di tutti.
Il rumore di quei mostri nel cielo sembrava portare un vento di ghiaccio sulla loro pelle. Uno degli aerei, quello davanti, incominciò a sparare verso tutta quella gente che fuggiva in modo disordinato... Qualcuno cadde ferito, altri si gettarono nei fossi vicino a degli alberi e mentre le tre ragazze con l'uomo avevano quasi raggiunto una casa, improvvisamente i colpi della mitragliatrice, centrò in pieno quel signore, squartandolo davanti alle giovani. Il sangue schizzò su di loro, una svenne ed Antonia con l'altra urlarono a più non posso abbracciandosi forte. L'aereo fece una virata per ritornare. Delle braccia forti di altri due ragazzi le riportarono di forza nel cascinale e da lì nelle cantine.
Da quel giorno lei non fu più la stessa, ebbe una febbre altissima e da lì rifiutò di mangiare e in breve tempo, la malattia che colpì suo padre colpì anche lei...
Vittoria tra le sue braccia, sentiva il corpo della figlia lasciarsi andare, le diede un bacio sulla fronte ormai fredda... 
"Mamma..." furono le sue ultime parole mentre l'urlo di dolore e lo schianto nel petto prese come una morsa d'acciaio la donna che strinse quel corpo inerme, ninnandolo come fosse una bambina appena nata.
Il silenzio regnava nella stanza, era come se fosse vuota di persone, oggetti...
Alessandro si alzò da una sedia, andò verso la sorella e la costrinse ad alzarsi mentre Cecchina piangendo sistemava la nipote su quel letto vicino al fuoco del camino.
"Vai a chiamare il dottore ed il prete anche se è troppo presto." ordinò al fratello guardando il pendolo che segnava le quattro del mattino, l'uomo uscì di corsa nelle strade buie. Poi fissò Vittoria, pallida, pensava che stesse per svenire e la portò a sedersi vicino al fuoco...
"Ora che farò... Che faremo? Mi  sta morendo il cuore... Antonia..."
"Non dire nulla, ci siamo noi qui, adesso vedremo tutto il da farsi." disse Cecchina fingendo una forza che non aveva, le accarezzò la fronte mentre la vecchia madre si era avvicinata alla nipote pregando. Vittoria avrebbe voluto morire anche lei, insieme alla figlia per raggiungere l'amato marito Paolo, sentiva di non voler più vivere quando, un singhiozzo sommesso fece voltare lo sguardo delle tre donne sulla scala.
Domenica ed Angela erano sedute abbracciate ad osservare la scena, i loro visetti erano bagnati di lacrime. Vittoria si alzò e quasi correndo andò da loro, si sedette in mezzo stringendole a se.
"Continuerò per loro, dovrò farcela... In loro vedrò Antonia, farò di tutto per vederle crescere e non far mancare nulla. Saranno la mia forza."
Pianse con le sue piccole tutte le lacrime possibili, era sopravvissuta a quel dolore dilaniante che non si placherà mai per tutta la vita... Ma con loro, le sue uniche ragioni al mondo, era sicura: ricomincerà di nuovo.
Fuori il buio nascondeva ancora i segni della guerra appena passata, ora era la sua di guerra da combattere e da vincere, la battaglia per la vita.

Giampaolo Daccò Dos Lerèn

L'importanza di chiamarsi GIAMPAOLO, PAOLO o PAOLINO?



Ovviamente, quando Zia Mina e il prozio Tonino durante il battesimo alla domanda del prete "Ma lo chiamate solo Paolo?", i due leggermente imbarazzati risposero che questa era la decisione comune di sua madre e suo padre. Poi la prozia Gina, presente alla cerimonia (in quanto mia madre a 19 anni ebbe un parto podalico difficile ed era ancora in ospedale, senza contare il fatto che ti battezzavano dopo pochi giorni al tuo arrivo, al contrario di oggi) tutta felice per la sua brillante idea disse a tutti nella chiesetta: "Perchè non lo battezzate Giampaolo, da un tono più importante, un nome che da anche lustro..." (Credo che nonna Maria pensò al lucido delle scarpe e fece un sorriso che avrebbe fatto venire i vermi anche alle statue presenti sui piedistalli).
Beh il primo maschio nato in quel gennaio freddo dopo 5 femmine ebbe quel nome che, naturalmente, a mamma non piacque subito. Ma ormai era fatta.
Un bimbo pacioccone di quasi 4 chili dagli occhi azzurri e da un testone pieno di capelli rossicci ebbe oltre al parto difficile, alla super nevicata di quella notte (tanto da lasciare a piedi l'auto dove mamma in preda alle doglie e nonne stavano andando all'ospedale), un papà disperso con amici nei bar con relativa ubriacatura, idem per mio nonno con i suoi amici, anche un nome  doppio Giampaolo, con la M e dove tutti col tempo scrivevano a Gianpaolo con la N, cosa che mi faceva arrabbiare tanto.
Beh da quel giorno il mio nome ebbe, come in cibernetica ultra moderna spaziale, una multi forma incredibile e si divise in tre, anzi in quattro, no aspettate 6 forme diverse:
1. Paolo per i miei genitori e nonni, zii di primo grado.
2. Giampaolo, dalle prozie e cugine di secondo.
3. Paolino dagli amici, vicini di casa, dai conoscenti dei miei (la statura non è stata così generosa con me e di conseguenza...)
4. Ciccio, dalla nonna paterna perché quando si andava in centro città a Milano, la pro-prozia ultra 80enne ci teneva molto alla forma, agli abiti ed ai nomi e siccome in quegli anni, era un "sciccheria" chiamare il nipote Ciccio, diventavo Ciccio con i parenti più altolocati. quelli che abitavano in centro città.
5. Paolo VI° da Suor Donata, la mia mitica giovanissima e volitiva suora dell'asilo (ci andai nel lontano settembre 1963 e divenni Paolo VI° l'anno successivo fino alla fine, quando chiamarono così il nuovo papa).
6. Paulèn (dialetto barazino di Sant'Angelo Lodigiano dove vivevo alternativamente durante la settimana dalle due nonne.)
Direi che 6 bastano... E quindi tralascio i nomignoli affibbiati dai miei amori avuti nel corso della vita, sarebbe troppo lungo e ridicolo.
Con l'età della ragione, a differenza di mia sorella Francesca che non appena tentarono di chiamarla Franchina o Franca si incavolò di brutto, tant'è che non lasciò spazio a nessun nomignolo o storpiatura del suo bellissimo nome, io accettai tutti i nomi possibili con una rassegnazione masochistica.
Nello stesso tempo incominciai a odiare Paolino (volevo farmi chiamare Andrea, poi Luca, poi Mauro, poi Bruno, poi mi vedevo bene come Stefano, e poi addirittura Giuda - quando lo dissi a tutti la maestra strabuzzando gli occhi mi rispose che Giuda non era un nome vero, allora mi chiesi come cavolo si chiamava il traditore per eccellenza... Forse Paolino?). Poi incominciai ad odiare pure Giampaolo e mi irritava sentirlo in bocca alle prozie, senza parlare di nonna Maria quando ad un raduno per un thè a casa, le scappò con parenti ed amiche "Ciccio" (nessuno lo sapeva)...
Apriti cielo, scoppiò un sonoro fragore di risate, il commento più delicato, lo disse una mia cugina addentando una fetta di torta al cioccolato: "Ma se è due ossa in croce con due palette incisive che sembrano quelle di un coniglietto"... Desistette anche nonna col suo Ciccio così vergognosamente simpatico.
E fu cosi che per decenni, Giampaolo quasi scomparve e divenne per tutti Paolo, spesso Paolino ma sempre molto attenti a dirlo in modo simpatico, tant'è che quando incominciai ad accettarlo ed a piacermi (quasi)... Ecco che in modo prorompente ritornò a galla "l'altisonante" GIAMPAOLO.
Giampaolo fu così l'artefice della mia nuova vita dopo i 40 anni, con il nuovo lavoro, con la nuova casa, con i nuovi amici, con l'ambiente sociale di un certo livello che avevo incominciato a ri-frequentare per vari motivi, per il libro, per le firme di documenti e tanto altro ancora.
Ovviamente anche per facebook & Co. e siccome un social network è piuttosto veloce e sbrigativo nelle cose, sono diventato Giam o Giampi, aggiungendo altri due nuovi nomi a quelli precedenti, toccando la punta di 8 versioni (tralasciando ovviamente il sig. Daccò nei casi ufficiali).
E poi dicono che un nome a volte non ha un'importanza vitale e no cari miei, ce l'ha, ce l'ha... 
Ne sono sicuro, tra qualche lustro, magari dopo i 75 anni o gli 80 (Dio vuole che li raggiunga), sono stra sicuro che diventerò per tutti, almeno per giovani o per le nuove persone che entreranno nella mia vita, il signor Paolino... Sarò un vecchietto, magro, con capelli bianchi e magari sbrigativamente scorbutico...
Eppure, in confidenza, quasi sento la mancanza di Paolino... Che tutto sommato era un modo simpatico di chiamarmi. 
Ah l'importanza di essere GIAMPAOLO, PAOLO, PAOLINO, GIAM, GIAMPI, PAULEN, CICCIO e PAOLO VI° è davvero impegnativa. Con amicizia G.


martedì 10 febbraio 2015

PARIGI 4: Un'altra avventura


Su questo mio blog, ho raccontato qualche avventura accadutami a Parigi insieme al mio amico Louis, avventure di anni fa, piacevoli e bellissime solo come questa stupenda città può dare. Così è stato anche il mio "viaggio di nozze" molti anni dopo, venti giorni quasi magici per ritrovare la città che molti anni prima conoscevo bene e che non asvrei mai scordato per tutta la vita.
Questa che sto per narrare è un'altra avventura, una canzone trasmessa alla radio stamattina, ha fatto si che il ricordo prepotentemente, venisse a galla mentre fischiettavo facendomi la barba:

Tramonto rosso fuoco, la Tour Eiffel si stagliava tra il rosso del sole e il rosato ed oro del cielo, Venere era là, splendida e luminosa poco più in alto, Louis ed io eravamo appoggiati con le braccia sul Pont de Carrousel, sulla sinistra due signori anziani guardavano il battello scivolare sotto di noi sulla Seine, alla nostra destra il Louvre, imbrunito dalle ombre della sera, sembrava quasi un ombra minacciosa.
Era uno dei miei ultimi giorni di vacanza a Parigi, a casa del mio amico Louis, i nostri volti erano verso quella torre così alta e scura, i pensieri persi chissà dove. Improvvisamente sentii il suo sguardo su di me, non capivo il perché ma quando voltai il mio verso il suo viso, mi sembrò che gli occhi fossero lucidi.
"Che c'è?" chiesi girandomi con la schiena appoggiata al ponte.
"Nulla... Nulla..." la sua voce mi sembrava triste, all'improvviso mi abbracciò forte... Mi preoccupai, pensavo che non stesse bene, poi si staccò chiedendomi scusa per il gesto magari frainteso. 
"Frainteso?" Mi chiesi... Era solo un abbraccio dato da un amico magari in difficoltà per qualcosa che non sapevo forse, avevamo dormito nello stesso letto in quella mansarda dove abitava, c'era pura amicizia tra noi. Una di quelle vere,  di quelle poche che appagano il cuore e la mente.
"Mi... mi dispiace che tu te ne vada... Che ritorni in Italia tra pochi giorni."
"Tra cinque giorni Louis..." sdrammatizzai abbozzando un sorriso, lui mi prese per un braccio e mi condusse in silenzio verso Rue de Saints Pères, e quasi correndo ci ritrovammo in Boulevard Saint Germain.
"Preferisco stare in mezzo alla gente, non soli su quel ponte a guardare quel tramonto, la Senna e tu pensieroso. Tutto questo mi aveva messo addosso una tristezza... Almeno qui in mezzo a tutta la gente mi sembra di stare meglio."
"Louis davvero non capisco, non è la prima volta che vengo a Parigi, che ci vediamo... Mi hai promesso di venire a Milano a casa mia ad aprile del prossimo anno... Non dovresti essere triste."
"Ma questa volta è diverso." concluse sedendosi ad un tavolino di un bar, mi sedetti anch'io.
"Come sarebbe a dire: questa volta è diverso?"
Il suo sguardo era oltre il mio...
"Partiamo per il Canada, con i miei, partiremo tra due mesi, l'ho saputo stamattina da papà... Ci trasferiamo lì per tre anni. Papà ha avuto un incarico di lavoro per la sua società..."
Mi venne un colpo, tre anni lontani e un aprile, il prossimo, senza la sua visita che avrebbe fatto piacere a mia madre e a mia sorella.
"Beh c'è il telefono, ci potremmo scrivere..."
"Si ma non è la stessa cosa Jean (mi chiamava così quando era arrabbiato o triste), lo sai che sei un fratello per me, un fratello che non ho mai avuto, sei molto di più degli amici che ho qui, neanche Francine, Robert e Didier, sono come lo sei tu per me!"
Mi venne addosso una tristezza infinita, un altro amico che se ne va lontano e chissà quando l'avrei rivisto ancora, cercai di sorridere nuovamente ma lui mi fissò serio.
"Voi italiani pensate sempre male..." rimasi basito, aveva interpretato male il mio sorriso? Cercava di ferirmi o di sfogare qualcosa per non soffrire troppo?
 "So cosa pensate se un uomo dice queste cose ad un altro uomo..."
"Ma sei matto Louis? Ma che dici? Volersi bene non significa chissà..." Non mi fece finire la frase, si scusò per la sciocchezza detta. Pensava che avessi capito male il suo abbraccio e la sua commozione, ma un'amicizia che durava da qualche anno non lasciava spazio a dubbi, però vidi davvero la sofferenza negli occhi del mio amico.
Dopo aver bevuto qualcosa e mangiato un panino, ci avviammo a piedi verso casa, avevamo un appuntamento con Didier e Marcel un loro amico di Tours ospite come me a casa dell'altro.
 La serata passò serena, avevamo ascoltato musica e cantato, ci siamo rimpinzati di dolci e bibite... Un gioco a carte e mezzanotte si era fatta vicina, gli altri due amici dovevano tornare a casa, il padre di Didier era piuttosto severo e aveva dato loro un orario preciso.
Più tardi in camera, stavo scrivendo un paio di cartoline sulla scrivania davanti al letto, Louis era già dalla sua parte e stava leggendo un libro. Poco dopo sua madre venne a darci la buona notte e ci augurò una buona visita per l'indomani a Versailles, una gita di due giorni già organizzata insieme a Didier, Marcel e Robert.
Appena finito di scrivere mi misi a letto, non avevo acceso l'abat-jour perchè avevo sonno. Louis si girò a guardarmi, aveva messo il libro sul comodino e spento la luce. Dalla finestra i fiochi raggi di una luna lontana davano in quella stanza un alone da fiaba.
"Ti posso abbracciare?" mi chiese titubante Louis, lo feci io per lui, si mise a piangere con la testa sul mio petto, mi sembrava un bambino... Doveva sfogarsi, avevo capito il dolore che lo attanagliava e non era solo per me, io potevo essere una delle tante cose che non avrebbe più visto per tre lunghi anni, lunghi per la nostra età, per i nostri vent'anni.
Restammo abbracciati così mentre lui mi parlava delle sue cose, delle sue avventure da piccolo. In quel momento ero quel fratello che gli mancava, non vedeva le mie di lacrime per fortuna, in quel momento dovevo essere il più forte... 
Si addormentò piano vicino a me, sentivo la sua spalla vicino alla mia e pensai a quanto erano stati belli quegli anni, quelle vacanze fatte insieme. Gli sfiorai la testa con la mano "Mi mancherai molto anche tu." pensai e come lui avrei voluto un fratello maggiore con cui giocare e confrontarmi. Il sonno prese il sopravvento anche per me e la notte passò veloce.
La luce del sole mi abbagliò il viso il mattino dopo, spalancai gli occhi, Louis era in piedi davanti alla finestra, mi sorrise e mi schiacciò un'occhio.
"Forza pigrone, Versailles ci aspetta e così gli altri... Voglio godermi come non mai questi nostri cinque giorni di felicità. Vediamo chi arriva per primo in bagno".
Ci arrivò lui ovviamente e intanto che aspettavo il mio turno, pensai alla nostra amicizia e mentre stavo per commuovermi, prontamente mi alzai e aprii le finestre, una giornata limpida e stupenda ci aspettava, un forte respiro e nulla ci avrebbe più fermato.



lunedì 9 febbraio 2015

"UN DIAVOLO PER CAPELLO" - Una commedia teatrale divertente



Uno spazio al teatro nel mio blog, un teatro cosi detto leggero ma davvero splendido, dove tutti gli attori hanno dato il meglio di loro stessi nei propri personaggi. Personaggi inventati certo, ma veri e reali come le storie di tutti i giorni, dove si intrecciano sentimenti, situazioni imbarazzanti, gelosie e ripicche e tanta realtà. Scritta in modo stupendo dall'affascinante CINZIA BERNI insieme a ROBERTO MARAFANTE, la commedia racconta vari spezzoni di vita all'interno di un negozio lussuoso ma scombinato, del mago della bellezza femminile "El Diable". Un intreccio di storie quasi tutte al femminile, dove le battute divertenti metto in luce i difetti e le vanità di varie personalità femminili condite da un coiffeur (El Diable appunto) gay ma non troppo e dal bellissimo fidanzato della lavorante, che si ritroverà praticamente nudo in scena e in una situazione di vero imbarazzo ed opportunità per il suo futuro... Ma non sveliamo troppo la trama, anzi un consiglio solo: andate a vederlo, uno spettacolo esilarante, imprevedibile, tenuto saldamente fino alla fine con una bravura incredibile da tutti gli attori ed attrici. La scenografia è davvero accattivante come la regia e i costumi.
Conosciamo i nostri bravissimi interpreti con una breve carrellata di foto e piccole notizie:

Iniziamo con l'autrice ed attrice, la bellissima ed affascinante  CINZIA BERNI


Diplomata al laboratorio di Esercitazioni Sceniche diretto da Gigi Proietti, inizia la sua carriera come attrice con Gino Bramieri in uno spettacolo di Garinei Giovannini. È poi al fianco dello stesso Gigi Proietti e di Maurizio Micheli, Johnny Dorelli, Enrico Beruschi, Pippo Franco, Dario Vergassola, Monica Vitti, Edwige Fenech sia in televisione che in cinema.

La sua carriera di autrice inizia con la fortunata commedia Casalinghi Disperati”, regia di Renato Giordano, con Roberto D’Alessandro, Gianni Cannavacciulo, Mauro Serio, Nicola Paduano che debutta alla Sala Testaccio e apre la stagione 2008 del Teatro de’ Servi e in tournée in alcune città d’Italia.

Ad aprile 2009 consolida il successo con la commedia Ricette d’Amore” di cui è anche interprete, rappresentata al Teatro de’ Servi, regia Pippo Cairelli, con Cristiana Lionello, Chiara Salerno, Marta Zoffoli, Simon Grechi.
Lo spettacolo viene replicato nella stagione successiva anche al Teatro Italia di Roma, al Nino Manfredi di Ostia e l’anno successivo al Teatro Cassia di Roma e al Teatro Martinitt di Milano.
Prosegue il successo di spettacoli al femminile con La mia miglior nemica” di cui cura la regia rappresentato ottobre 2007 al Teatro Petrolini che verrà replicato al Teatro de’ Servi a marzo 2010 e al teatro Golden aprile 2011 con Brigitta Boccoli, Anna Tognetti, Marilena Frasca, Laura Monaco.
Ancora una storia di donne “Disposte a Tutto” al Teatro de’ Servi a gennaio 2011, che interpreta insieme a Marta Zoffoli.
Con Una ricetta per single” di cui è autrice e interprete insieme a Cristiana Lionello, Alessandra Korompay, Francesca Zavaglia, e Paolo Persi, con la regia di Roberto Marafante, Cinzia Berni si afferma come autrice che dipinge il mondo femminile con ironia e sagacia.




Il tenebroso e virile PASCAL PERSIANO


Dopo il diploma di ragioneria si trasferisce a Roma e si iscrive all'I.S.E.F.. Gioca a calcio in Serie D con la Cavese, e in Serie C con la Salernitana, ma a causa di un grave infortunio abbandona la carriera di calciatore.

Successivamente lavora come modello, si dedica al canto e alla recitazione, diplomandosi alla scuola teatrale "Fersen". Inizia a lavorare come attore di fotoromanzi delle riviste Lancio e Grand Hotel, per poi recitare in teatrocinema e televisione.
Tra i suoi film, ricordiamo: Dèmoni 2 (1986) diretto da Lamberto BavaVoci dal profondo (1991), regia di Lucio Fulci Fermo posta Tinto Brass (1995), di Tinto Brass, e La donna lupo (1999), regia di Aurelio Grimaldi.
In televisione ha recitato in varie fiction tv, tra le quali: la miniserie tv L'ombra nera del Vesuvio, regia di Steno, e il film tv Le lunghe ombreGianfranco Mingozzi, del 1987La dolce casa degli orrori (1989), film tv diretto da Lucio Fulci, la miniserie tv Un caso di coscienza (2003), regia di Luigi Perelli, la soap-opera di Canale 5CentoVetrine, nel ruolo del cattivo Leonardo Valli, e alcuni episodi de La squadraserie tv trasmessa da Rai 3. Nel 2008 e in poche puntate del 2009 torna a recitare nella soap CentoVetrine nel ruolo del medico Davide Lisino. Ritorna nella soap nel marzo 2010.


La simpatica e vivace MARIA LAURIA


Nel mondo del cinema  ha interpretato vari ruoli, tra i lavori più interessanti possiamo citare la partecipazione nel film Un'estate ai Caraibi (2009) di Carlo Vanzina dove ha interpretato la parte di Nunziatina. 
Nel 2008 partecipa al film Fortapasc, nel 2005 ha un ruolo importante nella sit-com Brasil Cafè e nel 1996 partecipò al telefilm Un posto al sole. 
Ma maria dal 1997 al 2009, ha lavorato molto in teatro interpretando vari capolavori di vari autori molto noti tra cui opere di De Filippo, Giuffrè, Gravina e Croccolo. E' apparsa anche in molte pubblicità.


la bellissima e dolce

FRANCESCA CECI


Bellissima, simpatica e dolce, un volto interessante Francesca Ceci ha partecipato a molti lavori cinematografici, tra i più noti ed interessanti possiamo citare la partecipazione nel film Dr. Clown (2008) di Maurizio Nichetti. Nel 2009 ha inoltre lavorato con Salvatore Metastasio per la realizzazione del film Ovunque Miracoli - Il taumaturgo ed il compositore scettico. Poi nel 2011 ha partecipato al film Napoletans e l'anno successivo ha interpretato "Si può fare l'amore vestiti?"

nno successivo nel "Si può farte l'amore vestiti?"



Divertente, carina e tenera
MARILENA FRASCA


Attrice molto brava in parti comiche, ha lavorato precedentemente con Cinzia Berni, in un suo lavoro: "La mia miglior nemica" 
Una commedia che racconta la storia di quattro ragazze sull’orlo del matrimonio, cherischiano di precipitare travolte dall’amore e dalla gelosia…

ed infine il bellissimo e giovane
DAVIDE CLIVIO


Nel Grande Fratello dove Davide Clivio entrò nel 2011, finì per rimanerci poco. Il suo sogno è sempre stato il teatro e il cinema. "Un diavolo per capello" in cui interpreta un ragazzo pronto a tutto pur di raggiungere il successo è la sua grande prima opera di cui mostra il suo talento vestito e... svestito.