mercoledì 22 aprile 2015

Un amore così breve



Milano, dicembre 1982
    Che freddo quel sabato pomeriggio a pochi giorni dal Natale, una città quasi vuota e grigia, dalle nuvole scure e basse e con quel vento sferzante che faceva volare via foglie secche e pezzettini di carta dall'asfalto. Le poche auto sfrecciavano veloci tra le vie come cercassero riparo dalla nevicata imminente.
    Maura guardava dallo specchietto retrovisore, la sua piazza, il suo palazzo che si allontanavano sempre di più, sentiva una lacrima scendere dal volto ma non voleva cedere al pianto, non voleva fermarsi in qualche parcheggio per dar sfogo a ciò che sentiva dentro.
     Maura non si fermava mai neanche davanti al nulla, i suoi occhi grigi si abbassarono verso le valigie poste nei sedili posteriori mentre attendeva il verde del semaforo in piazzale Corvetto, non credeva di aver perso un'altra battaglia.
     Tra un'ora sarebbe tornata a casa dai suoi dove qualcuno le avrebbe detto sicuramente "Ecco cosa succede a fare le cose in fretta e senza senso..." ne era sicura, eppure quanto hanno avuto ragione solo sei mesi prima quando decise di sposarsi in rito civile dopo tre mesi di fidanzamento con quel tedesco dall'aria gelida, dai capelli biondi e lo sguardo tagliente.
    Sua madre e suo padre cercavano di farla ragionare, lei così giovane e bella abituata a vincere le sue battaglie non ne voleva sapere di quegli avvertimenti: "Sei pazza, vi conoscete da poco.", "Hai solo ventun'anni e lui trenta, vi dividono due mondi diversi per cultura e ceto sociale.", "Sono sicura che ti farà soffrire..." questa era stata la frase lapidaria di sua sorella minore che la guardò un po' triste.
    Lei e Franca erano molto unite e sembrava, a volte, di leggersi a vicenda nel pensiero, e quella volta davvero Maura dubitò ma poi fece di testa sua.
    Già il rito civile era una cosa che i suoi non comprendevano, poi la freddezza dei consuoceri che si ritrovarono a fare i conti con persone di una cittadina lombarda qualunque appartenenti ad una media borghesia mentre loro grandi industriali svizzero-tedeschi, osservavano da un piedistallo quella famiglia così normale seppur benestante.
    Eppure Roland e Maura erano felici e poco importava del parere degli altri anche se a volte lei, notava qualcosa di strano e malinconico negli occhi chiarissimi di lui, come fosse una specie di tristezza, di qualcosa che era stato perso, forse un rimpianto.
    Per i primi tre mesi tutto filò liscio fino al giorno in cui arrivò ospite a casa loro  Helga, la sorella di Roland e quasi in concomitanza telefonate alle quali, quando rispondeva Maura, dall'altra parte c'era solo un silenzio e poi un click. Le sembrava strano ma cercò di non dare importanza alla cosa.
    Ben presto, nei giorni seguenti si accorse che Helga era morbosamente attaccata al fratello, si comportava in modo che tutto ciò che faceva lei era il meglio per lui e a Maura venne il sospetto che la sorella fosse "innamorata" del suo uomo oppure gelosa come può essere un fratello o sorella per la felicità dell'altro. 
   Le dava fastidio quella donna appiccicosa, ambigua, quella donna che aveva usato la chirurgia plastica per sembrare più bella, fuori ovviamente, pensava Maura, mentre dentro nascondeva del marcio, una donna strana che si professava innamorata da anni  di Franco, un ragazzo gay amico di famiglia...
    Maura si chiedeva come potesse essere innamorata ancora quando l'altro aveva il suo compagno e si conoscevano già da moltissimi anni, qualcosa non tornava. Poi il giorno prima di tornarsene finalmente in Svizzera, a Berna dove abitava, Helga con sottile veleno, informò che Roland tempo fa era legato ad una indossatrice famosa e che ora lei si trovava a Milano per lavoro... "Sai..." le disse con un sorriso strano e gli occhi gelidi "Non vorrei che lei lo cercasse ancora, ora che ci sei tu. Era stato lui a lasciarla per il suo lavoro e anche per il flirt che aveva avuto con quell'attore francese..."
    "Bastarda!" aveva pensato Maura mentre questa usciva dalla loro casa, dalla loro vita sperando per sempre, da quel momento in lei incominciavano a sorgere dei dubbi, poi i dubbi parevano essere ormai certezza: Roland era sempre più tetro, silenzioso, le telefonate anonime continuavano ogni giorno... Ormai ne era sicura, qualcosa non andava. Cercò di parlarne ma Roland negava e parlava di stress da super lavoro nella sua azienda eppure sentiva nel suo cuore che qualcosa tra loro si stava spezzando.
    Un freddo pomeriggio di dicembre, mentre era al lavoro in una famosa casa di moda milanese, dal centralino le passarono una telefonata nel suo ufficio. Una voce maschile contraffatta le stava dicendo di tornare a casa perché avrebbe avuto una bella sorpresa.
    Stava per replicare ma subito la chiamata venne interrotta... In quel momento si sentiva tremare, non voleva crederci, non sapeva di avere attorno tutto quell'odio e si che ripensandoci, qualche avvisaglia l'aveva avuta nel tempo anche dalle amicizie del suo uomo. 
   Spesso la facevano sentire stupida, le scoccavano frecciatine strane e non ne capiva il perché ed intanto le discussioni con lui si fecero più accese perché Roland non interveniva se non sdrammatizzando la cosa... Ed intanto a letto, quel calore a cui era abituata sembrava svanire sempre di più.
    Dopo quella telefonata, la tentazione di tornare a casa era fortissima, ma cercava di farsi forza e non cedere alle calunnie ma nella pausa pranzo, cedette all'impulso. Chiamò Luisa la sua più cara amica che lavorava in un ufficio vicino e la convinse ad accompagnarla a casa per una questione importante. L'altra sentendo la voce preoccupata di Maura si rese disponibile, avevano due ore di tempo, il necessario per andare e tornare e se non ci fosse stato nulla, una breve pausa per un caffè non gliela toglievano nessuno.
    Nel tragitto Maura raccontava a Luisa tutto quello che accadde in quegli ultimi tre mesi, i più critici, l'altra sembrava non stupirsi dalle sue parole, sembrava che già fosse a conoscenza di cose che lei non sapeva o immaginava ed intanto che si avvicinavano di più alla sua casa, Maura osservava il volto serio dall'espressione strana dell'amica, sentiva le lacrime salirle agli occhi ma cercò di controllarsi.
    Arrivate in piazzale Lodi, parcheggiarono vicino ad un negozio, quando videro dall'altra parte della strada uscire dal portone del palazzo Roland e la bellissima indossatrice, la sua ex fidanzata e convivente prima di lei. Prima di salire in auto, lui la baciò sulla bocca.
   Luisa le strinse il braccio mentre guardava il volto sgomento dell'amica, chissà quante volte si erano incontrati lì a casa loro, nel loro letto... Quelle telefonate, sicuramente erano le sue. 
"Ora che farò?" disse Maura fissando negli occhi l'amica che le stringeva la mano.
    L'auto di Maura percorreva veloce l'autostrada del Sole, i primi fiocchi di neve scendevano da quelle nuvole scure e la voglia di sterzare verso il guardrail era forte, ma per far cosa? Morire per un'insensibile? Farla finita per una persona che non meritava tutto il suo amore? Uccidersi per un'estraneo che si era divertito a sposarla per dimenticare l'altra?
    Strinse le labbra soffocando nuovamente il pianto, non voleva neanche ricordare i due giorni precedenti dove tra litigi, urla, insulti avevano posto fine a quell'assurdo matrimonio dove tutti erano contro di loro... 
   Allora con una nuova rabbia spinse l'acceleratore, voleva arrivare il più presto possibile dai suoi, dove avrebbe ricevuto affetto ed amore incondizionato e dove col tempo avrebbe ripreso in mano le redini della sua vita. L'auto si confuse tra le altre sparendo nel traffico di quel fine settimana prima delle feste natalizie, il destino le avrebbe regalato qualcosa di nuovo.

mercoledì 15 aprile 2015

Il fiore del primo tempo




   Il cielo fuori era pieno di stelle, il profumo dell'estate penetrava in quella camera illuminata dal blu della notte, tutto sembrava un ritratto turchese dai toni chiari e scuri e quel letto immacolato appoggiato al muro, sembrava  un invito.
    A Paula le ricordava quand'era bambina, si rivide in quell'istante distesa con vestitino a fiorellini, leggero e senza maniche, i suoi boccoli biondi cadere sulle lenzuola che sapevano di mughetto, nella penombra della sua stanza mentre fuori il caldo era opprimente. Ricordò che le piaceva distendersi in mezzo ad un cerchio di margherite poste sul letto, dopo averle raccolte nel campo dietro alla casa della nonna.
   Anche ora, in quella penombra le sembrava di essere come a quel tempo eppure quel letto era vuoto, no anzi... Un'ombra era distesa sull'immacolato letto, l'ombra di chi amava più di se stessa.
    Henry disteso completamente nudo, era lì che l'aspettava, Paula non riusciva a distinguere nella camera gli occhi azzurri ed i capelli corti e neri di lui. Aveva paura e provava piacere allo stesso tempo, sentiva i suoi seni inturgidirsi al pensiero di essere sfiorata da li a poco, di sentire le labbra del suo ragazzo sulla sua pelle profumata... Si avvicinò e si distese accanto a lui.
    Poco dopo gli abbracci si fecero sempre più caldi, sensuali, forti, le mani e le bocche che cercavano il piacere erano ancora più passionali, Paula teneva gli occhi chiusi mentre sentiva il piacere giungerle la testa quando la bocca di lui, le sfiorava la sua intimità.
   E con la mente vide una margherita vivace in mezzo alle altre sbiadite, si sentiva protagonista di una cosa importante, protagonista della sua prima volta.
   Henry esperto, dolce e forte allo stesso tempo soprappose il corpo su quello di lei, Paula sapeva che il momento sarebbe arrivato, quel momento, la paura si stava allontanando quando sentì mordere leggermente il suo collo e la voce roca, bassa e maschile di lui che le disse "Ti amo".
    Per istinto lei strinse il cuscino con le mani mentre sentiva il caldo dell'uomo penetrarle il corpo, le uscì solo un gemito di dolore ma quasi subito aprendo gli occhi vide il sorriso candido di lui sul suo viso e la baciò confortandola.
    Era la sua prima volta, sentiva una magia e una vibrazione grande dentro di lei e fu presa completamente dai sensi mentre Henry aumentava la sua potenza e dolcezza dentro di lei, come non volesse rompere una statua di cristallo.
    Fu una notte d'amore vera, incredibile, passionale, piena di luce azzurra come una fiaba mentre nella mente di Paula, milioni di margherite danzavano nel cielo con le migliaia di stelle... fu una notte che aveva sognato da sempre, la notte che la fece sentire completamente donna senza alcun male o ferita dentro nell'anima.
    Paula si svegliò al suono delle cicale e dal sole che penetrava dalle tende di lino bianco. Si strofinò gli occhi e accarezzò i suoi capelli biondi scompigliati sul cuscino caldo. Henry non c'era ma sentiva il suo muoversi nella camera a fianco, in soggiorno. Sorrise felice pensando alla dolcezza ed all'amore di lui che la notte stessa le aveva donato.
   Si alzò piano, indossò elegantemente la vestaglia di raso appoggiata alla poltrona a fianco e silenziosamente camminò verso la porta di quella stanza dove Henry sembrava parlasse con qualcuno al telefono.
    Pensava all'incontro con lui mesi prima, alla loro simpatia iniziale trasformata in sentimento poi, ai loro baci, ai loro posti dove passavano pomeriggi a parlare, a discutere, ad abbracciarsi... Si incontravano tre volte alla settimana e lui, stewart sugli aerei, aveva poco tempo da dedicarle ed ogni momento libero era magico solo per il fatto di stare insieme.
  Fino al momento in cui lei, fresca dei suoi vent'anni ancora innocenti, decise di donarsi a lui e di suggellare per sempre il loro amore.
    Non voleva ascoltare, solo aspettare che finisse la telefonata ma non appena si era avvicinata alla porta socchiusa, la voce di lui la paralizzò allo stipite:
   "Si cara, sono a Stoccolma, torno col volo di domani mattina... Certo ovvio che sono nel residence, faccio colazione e poi scappo in aeroporto... Si, si... Ah James ha fatto i capricci? Ci penso io quando torno a casa. Monique e Thomas?... Ho capito dalla nonna... Cerco non ho dimenticato di portarti i fiori per l'anniversario di domenica, si ti amo..."
    Una morsa gelida la colpì nello stomaco e la margherita nella sua testa si appassì confondendosi con le altre sbiadite che aveva immaginato quella notte. Doveva fuggire da lì, non voleva più vederlo.
   Nella sua mente realizzò tutto quello che le sembrava strano e non aveva mai dato peso nella loro relazione: sposato con figli, più vecchio forse di quanto le aveva fatto credere, una moglie ignara, una vita vagabonda e chissà quante ragazze sparse per il mondo con il suo lavoro.
   Paula si accorse che la porta della stanza da letto dava su un terrazzino e questi aveva una scaletta che scendeva nel giardino sottostante di quell'elegante residence, non ci pensò due volte. Prese la borsa mentre sentiva Henry entrare in bagno fischiettando ed aprire l'acqua della doccia. Buttò dentro le sue cose, si vestì alla bell'e meglio, scrisse un biglietto a quell'uomo che le sembrava ora un mostro, e corse via da quell'incubo.
    In pochi minuti si ritrovò su un taxi che la portava in stazione, pronta a salire su il primo treno in partenza, purché la portasse via di lì... Mezz'ora più tardi, dal finestrino osservava la campagna luminosa piena di prati e di fiori, pianse quando vide vicino ad una fattoria un campo di margherite... Il suo sogno si era infranto per sempre.
    Henry ora stava fermo alla finestra con in mano un foglio bianco, per la prima volta si sentiva un verme, uno dei tanti che strisciano nei letti anziché sotto terra, quando vide sul comodino quel messaggio capì che Paula aveva sentito tutto... L'aveva letto e riletto quel biglietto con le parole di lei:
   "Non cercarmi mai più, sei stato... crudele.", non era riuscita a scrivere bastardo e neanche ti amavo, la sua educazione, la sua anima pulita e ferita non era stata in grado neanche di insultarlo. 
    Per la prima volta un nodo alla gola prese l'uomo dal cuore di ghiaccio e dagli occhi sensuali, forse per la prima volta si vergognava di se stesso ma ormai lei, Paula, era lontana e pensando a ciò che lei gli aveva donato la notte precedente, Henry si rese conto del male che le aveva fatto e probabilmente non solo a lei.
    Gettò con rabbia la sua agenda contro il muro e con furia aprì l'armadio e prese le sue cose buttandole nella valigia sopra un mobile...
     Il treno si fermò a Milano e Paula scese, era riuscita a sistemarsi un po' col trucco e pettinandosi nella toilette del vagone e con la sua borsa si avviò alla fermata dei taxi... Un aereo all'aeroporto di Linate l'avrebbe portata finalmente a casa sua, tra le sue cose e i suoi famigliari, sapeva già che avrebbe dovuto mentire a loro sul viaggio fatto con un'amica immaginaria, ma non le importava più.
    Lì avrebbe ricominciato a vivere, avrebbe rivisto i suoi prati con le margherite e chissà, più avanti nel tempo, vivrà un'altra favola più vera, ma sarà vissuta con la mente e con il cuore diversi, perché lei non sarà mai più la bambina che dormiva nel letto di margherite nei pomeriggi assolati d'estate sognando un grande amore.
    
Giampaolo

mercoledì 8 aprile 2015

IL TEMPO



Un tempo
Il tempo
 Nel tempo

  Quante volte le persone si chiedono o domandano se tornassi indietro nel tempo cosa rifarei, cosa cambieresti...  Un tempo ormai lontano
  Domanda inutile, banale, fantasiosa, eppure... Se davvero si potrebbe? Cambieremmo qualcosa? Rifaremmo le stesse azioni? Oppure sarebbe tutto diverso?
  Guardandomi nella foto mentre veniva scattata, ho avuto la sensazione che basti girare la testa e guardare dietro alle proprie spalle e tutto il passato è lì di nuovo davanti a te.
   Sono fermi in quell'attimo gli sbagli, le risate, le corse, gli amori, gli oggetti passati per le nostre mani, le frasi, gli amici, i genitori e tanto altro... Tutto è dipinto in quel quadro che si muove lentamente in base ai ricordi.
   E' come vedere una televisione fatta di episodi dove spesso non riconosci te stesso e le tue azioni, perché ora, nel presente, tu sei diverso, perché quelle azioni ti hanno cambiato radicalmente e ciò di cui avevi bisogno e facevi allora, oggi non serve più.
   Che senso avrebbe tornare indietro se la propria vita ha preso questa direzione? Perché la fatica di ripercorrere a ritroso gli avvenimenti e poi rifarli anche in maniera diversa e poi trovarsi nuovamente con il pensiero "Se tornassi indietro..."? 
   Non ha senso, se lo vorresti fare è solo perché che non accetti il presente, che sei scontento, che invece di guardare in avanti e pensare a progetti futuri ed avere un'altra opportunità per poter cambiare qualcosa, sei fermo nei ricordi e nostalgie finite e sepolte.
    Il tempo, il presente è questo, dove ora ci si muove, dove adesso si fanno altre azioni, movimenti, dove si prendono decisioni e che subito domani apparterranno al passato... 
    Ecco ora giri la testa nuovamente davanti a te e ti ritrovi in questo presente, nel tuo. Qui sei quello che hai costruito e ti sei portato da quel passato, qui sei ciò che crea, lavora, studia, soffre, gioisce, parla, corre, osserva... Eppure anche questo tra poche ore non sarà più.
   Ed allora lo sguardo si alza verso l'orizzonte davanti a te e si proietta verso un futuro lontano. Nel futuro fatto di sogni, di immagini di speranza, di visioni in cui sei ancora completamente cambiato di nuovo, dove ci sarà un'altra persona con il tuo viso a fare altre cose, probabilmente dove avrai realizzato i progetti del presente oppure no.
   Il tempo questa magnifica cosa, la più giusta, la più concreta anche se impalpabile, quella che non concede a nessuno di tornare indietro e che regala a tutti un periodo più o meno lungo per vivere. 
   Solo partecipando totalmente a questi attimi presenti si possono creare le cose e scegliere ciò che va bene per noi ma sempre ora, nello stesso momento che sarà un passato già dopo pochi minuti, ed è giusto ricordare le esperienze fatte per poter progredire e non sbagliare nel prossimo futuro.
    Il tempo, questo tempo che quasi tutti cercano in un modo o nell'altro di fermare inutilmente mentre la vita scorre inesorabile verso il futuro con o senza di te.... Viviamolo nel miglior modo possibile, lui c'è stato, c'è e ci sarà... sempre.