lunedì 15 gennaio 2024

HIVYTHUIM, LA CAPITALE DEGLI ELFI. LA CITTA' BIANCA


 

HIVITUHIM , LA CAPITALE DEGLI ELFI, la città bianca.

Mistral, io stesso dopo gli insegnamenti dei miei tutori durante la mia fanciullezza e raggiunti i cinquecentocinquanta anni che nella vita umana potrebbero essere i nove di vita di un piccolo essere, i protettori della mia madrina la Signora dei Ghiacci, decisero che fosse l'ora di farmi conoscere la capitale, la grandiosa città immersa nella natura creata da Hydiorr il grande Signore invisibile, nostro Padre, scoprii dopo che non era solo un viaggio di piacere e di commercio per loro.
Quindi dovevamo lasciare la terra del ghiaccio, il mio paese con le case sugli alberi ed anche la mia lince e soprattutto vestirmi. Non che fossero proibite le nudità a patto che l'usanza era fatta nelle case private ma era soprattutto per educazione, evitando di mettere a disagio le persone con difetti fisici oppure per non imbarazzare i monaci e le monche del luogo.
Gli Alti Elfi che abitavano a Hivithuim, sudditi del Re Vjngor e della regina Hashjr amavano molto l'eleganza e i vestiti raffinati, come il cibo e le case, così mi dissero i miei tutori. Case magnifiche mai viste in tutto il mondo, anche i vari abitanti dagli gnomi ed nani, ai pochi umani ed i Draven, esseri venuti da una terra lontana sprofondata nel grande mare, non vivevano come nelle città degli umani di terre lontane, in povertà e non aiutati dai potenti del luogo.
Era come se tutti fossero fratelli nonostante in passato ci fossero state guerre fratricide, ma con l'avvento del bisnonno di re Vjngor aiutato dai Draven, vinsero la battaglia ed ora il Regno degli Elfi vive in pace da quasi trentamila anni.
Il regno era stato diviso in quattro regioni più una speciale e rispecchiava il tutto, gli elementi della natura in cui tutto si era sviluppato attorno:
. Balenhyr la contea maggiormente popolosa della capitale Hivithuim che con i suoi due milioni di abitanti rappresenta l'eterna primavera ed infatti qui la natura è rigogliosa e gli animali in comunione con gli esseri viventi. Una terra piena di alberi fruttuosi, fiori dai colori indescrivibili e molti paesi dai nomi strani ed ognuno con le sue specialità che portavano nei mercati della grandiosa capitale, una contea commerciale e turistica.
. Talesund la contea del Principe Safyyr e di suo marito l'elfo della Luce Maeghet, rappresenta l'estate, situata a sud in ordine anti orario da Balenhyr, un territorio caldo, dal sole dorato che cura le malattie, dal mare dove ci si può bagnare e anche qui curare varie ferite e malattie e poi la sua città principale dove risiedono i due principi si chiama Vadjm (in onore del Dio del Vento Caldo), un grande porto da dove partono tutte le navi commerciali per il mondo conosciuto e da dove arrivarono i Draven, infatti la maggior parte di loro metà umani e metà giganti vivono felici in questa terra sacra e devota alla Dea dell'acqua Maares che ne è la protettrice. Da qui partono per la capitale tutte le stoffe, sete e profumi che si producono tra le verdi colline e le sabbie dorate.
. Lhuzyfir la contea dell'autunno, situata ad est di Talesund, una terra collinare con vallate ricche di piante autunnali e dove si produce il più ricco succo di vino e miele di tutta la Terra degli Elfi, inoltre gli abitanti per la maggior parte gnomi, nani ed umani organizzano feste e banchetti per ospiti stranieri ma anche gare di forza a cui partecipano tutte le femmine di ogni etnia spesso vincenti tant'è che la loro dea protettrice è Kaljah i cui abitanti il primo giorno dell'autunno facevano in suo onore giochi olimpici con atleti provenienti dalle terre vicine, i più forti erano i Signori del Vuoto, esseri dalla pelle azzurra e blu dotati di forza mentale e capaci di creare spazi temporali dal nulla, i quali si dice che provengano da una terra situata nel cielo a nord del Regno. L'anziano Duca e governatore di Lhuzyfir è da almeno tremila anni il buon nano Fazar rimasto vedovo dalla nobile Tarizah e vive nel palazzo nel centro della città con i suoi innumerevoli figli.
. Omaharj, è la contea dell'inverno a nord di quest'ultima appena descritta e confinante a ovest con Balanhyr, dove viviamo noi, dove la regina è la mia madrina. Una terra dove il ghiaccio ed il mare bluastro con animali acquatici come delfini e balene non recano danno alla nostra vita, infatti ci chiamano i Deos Ignudi che vivono in grotte oppure sugli alberi perennemente lucenti dal bianco della neve, del ghiaccio e delle luci dei piccoli insetti produttori di semi di oli, spezie, ci sono molti animali allevati per nutrire con la loro carne tutto il regno, sono molto richiesti per l'alta nutrizione ed inoltre la mia contea è ricca di oro, argento, altre pietre preziose nascoste in caverne luminose e anche di animali ritenuti sacri che vengono allevati per il loro vello che copre una volta rasato, con il loro pelo caldo e raffinato vengono creati abiti di ogni tipo per il Regno. La regina mia madrina è quasi invisibile a tutti ed al suo posto nella grande città di luce azzurra risiede suo fratello il Principe Adwar, che un giorno mi mandò un plico con dentro una lettera ed un ciondolo di zaffiro da tenere al collo, nella lettera mi scriveva che un giorno sarei dovuto andare al suo palazzo per conoscermi, grandi progetti erano pronti per me. Ma essendo troppo piccolo non ne capivo il significato.
. Harad è una piccola contea al centro del Regno degli Elfi dove si trova il forte Kmjr la città dove si forgiano armi di ogni tipo e lì vivono e si allenano i più forti nobili, cavalieri e guerrieri, è l'esercito pronto alla difesa dove femmine e maschi di ogni etnia potevano combattere con ogni mezzo: dai guerrieri, ai lanciatori, ai cacciatori, ai maghi e stregoni. La piccola contea era racchiusa tra le montagne e per visitarla ci volevano permessi dai Pretores di ogni città delle contee le quali avevano una galleria unica che accedeva in quella terra formando una croce che fluiva all'aperto davanti agli enormi cancelli di ferro di Harad.
Eccoci qui con i miei tutori e tre servi con cui avevo cantato e riso con loro durante i dieci giorni di viaggio, sarebbe bastato un Signore del Vuoto per farci arrivare in un breve lazzo di tempo nella capitale, ma mi sono divertito con i tre gnomi dei miei tutori.
Non appena ho visto l'entrata della grande città, mi è assalita un'emozione forte che tremavo tutto, appena entrati ho visto il padiglione sulla destra dove chi entrava la sciava in quel del deposito le armi. Il padiglione aveva scritto sul portone d'entrata il nome e lo stemma della famiglia di mia madre ed in quell'istante ho visto tutto nero svenendo nelle braccia di Golfyr uno dei nostri gnomi..
(fine prima parte).

Mistral Wind Artic.
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lunedì 11 dicembre 2023

RIFLESSIONI


 RIFLESSIONI

Ero un bimbo solitario fino a sei anni, vivevo con le nonne perché i genitori giovanissimi dovevano lavorare, fino all'arrivo di Francesca dopo un fratellino morto alla nascita e un altro dopo Francesca, così sono andato a vivere con i miei fino alla loro separazione.
Ero un bambino precoce che sapeva leggere e scrivere a 4 anni e a 5 sapeva già disegnare con sfondi e proporzioni, spesso non avevo bisogno di studiare tanto che sapevo le lezioni ma ho sempre tenuto un profilo basso a scuola.
Ma vivevo con dentro una grande ambizione di realizzare un sogno o almeno qualche progetto importante.
Purtroppo fino a quasi quarant'anni la vita è stata inclemente ma ho proseguito da solo e senza aiuti fino ad ottenere una certa autonomia ma nel frattempo, nel corso dei decenni alcuni progetti si sono trasformati in una medaglia di bronzo ai giochi della gioventù nel corpo libero di ginnastica, premiato come pittore ad Antenna 3 dove dodici miei quadri sono andati all'asta per l'istituto ciechi, danzato alla scala e in teatro e lavorato in Blimunda di Jerome Savary come ballerino di scena, scritto un libro con discreto successo, studiato astrologia ed esoterismo per 23 anni ed insegnato tutto ciò in una scuola per persone di una certa età con grande soddisfazione, cantato in un coro gregoriano, appartenente ad un Ordine molto importante, possiedo un blog che con Google + ero arrivato a 2, 5 milioni di lettori e 60.000 followers (scomparso questo Google + per evidenti ragioni finanziarie affossato da un altro grande colosso, mi è rimasto solo il blog) e poi fatto altre cose ma...
Semplicemente qualcosa non andava ogni volta, tutto si interrompeva per un "guasto" che capitava nel momento clou del progetto e ritornavo a ricominciare da capo con un altro.
Ma con il correre del tempo ho capito che forse tutte le strade che avevo intrapreso avevano un inizio ed una fine improvvisa senza capire perché. Così intanto che lavoravo su questi progetti nel tempo libero, ho sempre lavorato duramente per potermi mantenere e vivere con la mia coppia in modo normale.
Poi ho capito che stavo lottando contro i mulini a vento, ho capito che i progetti e sogni stavano scomparendo accanto alle delusioni e sfiducie. Tutti dicono bisogna lottare sempre a qualsiasi costo, mai mollare, devi essere forte.
Belle parole più facile a dirle che metterle in pratica e sfido chiunque ma quando capisci che la sfortuna, le persone sbagliate, l'incapacità di passare sopra ai cadaveri sono nelle tue vene non hai altra scelta. Quella di passare oltre, di non fare più progetti e evitare ambizioni perché il destino (almeno il mio) è quello che ti porta verso strade impensabili che si aprono all'improvviso o si chiudono e non devi far altro che accettare senza sfidare nulla e questo non per paura o chissà che altro ma perché senti che la tua anima ha bisogno di riprendere se stessa, di riposare, di stare tranquillo, di fare ciò che ti senti in quel momento.
Non so cosa accadrà nel mio futuro certamente non sarà quello che desideravo me lo sento (avevo pensato di togliermi dai due o tre social che ho e che seguo poco negli ultimi anni), quindi lascio che la scia del vento mi porti chissà dove.
Sono stanco e deluso dentro ma anche pieno di sentimenti e tanta voglia di donare conoscenza ed aiuto, forse sono in un'età di passaggio dove non sei ancora vecchio ma non sei più giovane per cui in questo caso ci si deve fermare fino a che all'orizzonte trovi una strada nuova (non ho paura ne della morte ne della vita), non ho figli e nipoti, non ho che parenti lontani che non vedo mai e pochissimi amici ma mi basta perché a volte il troppo non va bene. Non so perché questo mio lungo pensiero, non so neanche se è per qualcuno se non per me stesso sicuramente so soltanto che correre per arrivare (chissà dove poi) non fa più per me o per a mia anima.
Grazie, Giampaolo.

giovedì 14 settembre 2023

RICOMINCIARE (personale riflessione)


 

RICOMINCIARE

Com'è difficile, dopo essersi rinchiusi per anni nel ruolo di vittima o di disistima per molti motivi veri od effimeri e vivi il personaggio pessimista dove non vede la strada giusta per proseguire bene o almeno poter tornare come si era precedentemente a questo ruolo, non sarà facile.
Un caro amico ti apre la mente che era chiusa condizionata da questi difetti psicologici e tu col magone nascosto ti rendi conto di quanto ha ragione, di quanto sei stato vittima di te stesso allontanando pure persone dalla tua vita (consciamente od inconsciamente) e vivere una vita non tua dove hai fatto posto a fantasmi e scusanti da cancellare subito o col tempo.
Ricominciare e rivedere quello che sei diventato per tornare te stesso e migliorare togliendo il vittimismo che ti ha legato in catene è un grande compito, un compito pesante perché a vent'anni, a trent'anni fai in fretta a cambiare ma alla mia età sarà un compito estremamente complicato visto le ragnatele che mi hanno circondato per colpa mia.
Non sono l'unico a cui sta capitando questo, una presa di coscienza ci vuole ma è basilare farne uso, ogni giorno, cambiare, modificare anche se gli "ingranaggi mentali" sono lì pronti ad inventare una scusante ed inculcartela inconsciamente per far si che non molli il ruolo vittimistico di cui sei artefice.
Non è solo per me che scrivo queste cose, cose messe a nudo e purtroppo vere, ma per le persone che come me hanno dimenticato il Giampaolo (oppure la Laura, Marco, Stefania o un qualsiasi Mario) di allora e devono assolutamente ritornare altrimenti il futuro è compromesso dalla negatività proseguendo una strada masochistica segnata da tanto tempo.
Ringrazio questo amico anche se mi ha sconquassato dentro, non è facile e forse non avrei dovuto scriverlo ma come ho detto poc'anzi, non l'ho fatto solo per me stesso ma per tanti altri, basta riconoscersi ed incominciare da subito senza scuse. Lo so sarà dura ma si deve incominciare e ricominciare.
Speriamo di riuscirci e di mettere tutto l'impegno possibile.
G.

martedì 15 agosto 2023

IL FARO


 



IL FARO

Stagliato nel blu del mare e nell'azzurro del cielo o nel rosso del tramonto, lui, rimane lì. fisso, alto, imponente con la sua casetta a fianco come un compagno fedele.

E' li da tanto e la sera insieme alla notte il suo occhio di luce, accompagna i natanti vero il porto e la rotta giusta per non farli finire contro le rocce o scogli marini come un buon padre che insegna la giusta strada ai propri figli.

Guardandolo o pensando a quel faro dall'aria romantica ed avventurosa si pensa alla propria vita passata, presente e forse futura, dove un parte di noi o forse quasi tutta è come la sua. Forse non si è solidi come lui ma il compito è lo stesso.

Sto rimirando quel paesaggio in solitudine seduto sopra una panchina della strada che conduce dal paese di vacanza al faro, mi sembra quasi un sogno, una cosa non vera, un dipinto o qualcosa di magico e la mia mente ritorna nel passato che sembra lontano ma basta voltarsi indietro con la testa o con la mente ed tutto ciò che hai vissuto è lì davanti a te.

O nasci faro o nasci nave, lo sei già fin da piccolo e la vita del faro è più difficile che quella delle navi o barche perché restando fermo, dando un aiuto senza chiedere nulla in cambio indichi la strada agli altri che volano come aquiloni nel cielo cercando la propria collocazione e tu sei la mano ferma che tiene il filo sperando che un giorno tornino da te oppure li lasci andare perché non ne hanno più bisogno.

E se ne vanno senza dire un grazie spesso per egoismo, perché si dimenticano o se ne tornano a casa dall'altra parte o peggio ancora non sanno che tu sei stato l'artefice della loro fortuna o sfortuna.

E tu o faro a chi ti rivolgi quando hai bisogno di aiuto? Nessuno lo sa perché alla fine la casetta a fianco è tutto quello di cui hai bisogno, è lei o lui che ti tiene fermo e contiene tutto ciò di cui hai bisogno anche se nelle tue scale a chiocciola che partono dal cuore e finiscono nella tua mente dove risiede la luce che aiuta, ne avresti bisogno.

Ma sei forte e lo sai, lo sanno anche i pochi che ogni tanto si ricordano di te, di farti una visita di cortesia o curiosità e poi svaniscono verso le loro case di un paese lontano o vicino; a volte li vedi scomparire nella nebbia, ombreggiati da un sole caldo del tramonto o con una folata di vento arrivata improvvisa.

E tu sei lì imponente nella tua piccola statura che pur differente è simile al faro con la sua casetta a fianco, il tuo rifugio.

Ho avuto molte barche da guidare, piccole o grandi e la maggior parte sono naufragate nel l'oscurità del mare dove un gorgo chiamato vita le ha fatte precipitare per sempre negli abissi, altre sono navigate verso lidi tranquilli, agitati, radiosi od oscuri. Alcune sparite chissà dove e chiedendomi dove, spero sempre che sia un posto meraviglioso per loro e la loro felicità.

Ecco io sono qui ancora a guidare barche estranee con la mia casa vicina sostenendoci a vicenda, non ho mai dimenticato, la sera, di accendere quella luce di aiuto e spegnerla di giorno accogliendo chi chiede aiuto ma allo stesso tempo guardo negli occhi questi che un giorno se ne andranno contenti o delusi, allontanandosi per sempre dimenticandoti o ricordandoti come, appunto, il loro faro che li ha aiutati ma che non ne avranno mai più bisogno, forse.

Eppure ogni giorno vedo sempre paesaggi diversi e barche diverse nella stessa continuità e sento che io o il mio faro siamo e saremo sempre lì ad indicare la strada, ad accogliere chi chiede aiuto anche se questi "chi", sono sempre più pochi, il compito si affievolirà per il passare del tempo, perché un giorno lontano il faro sarà spento ma sempre presente stagliato nel cielo di ogni colore e verso il mare che sempre infrangerà le sue onde spumose ai piedi della scogliera dove vivi.

Mi alzo da quella panchina e vi avvio verso il paese dai tetti rossi e la campagna verde attorno, salutando quel bellissimo faro con il suo compagno a fianco, sono sicuro che oltre a riconoscere in lui me stesso, domani forse sarò ancora qui a sognare.

Giampaolo Daccò.

sabato 22 luglio 2023

ILMARE PER SEMPRE


IL MARE PER SEMPRE

Dal finestrino dell'auto guidata da un amico con cui avevo passato le vacanze in una bellissima località marchigiana, vedevo la costa ed il mare bluastro a nord di Fano che sparivano alla mia vista dall'autostrada.
Le colline che precedono Pesaro erano un muro attorno al mare celando alla mia vista quella distesa che per me era, è e sarà sempre fonte di vita. 
Per me non erano una protezione dal vento dell'est ma un blocco che m'impediva il respiro e la sensazione di libertà che mi dava quel blu intenso pieno di onde biancastre che si infrangevano sulla spiaggia.
Il cielo non era azzurro ed ogni tanto qualche leggero cenno di pioggia ci faceva compagnia mentre la vista si apriva su Pesaro e finalmente ancora sul mare che potevo ancora ammirare in quanto le auto davanti a noi si stavano rallentando per il traffico in entrata dalle città della costiera.
Immaginavo le persone dentro le auto, oltre a chi guidava ci sarà stata qualche moglie che parlava di cose leggere o del ritorno alla vita di prima dopo la vacanza estiva.
Ci saranno stati in alcune auto ragazzi e ragazze che dormivano, che mangiavano patatine da un sacchettino che poi, quasi sicuramente avrebbero gettato fuori dal finestrino.
Un ragazzino che leggeva fumetti oppure una bambina accovacciata sul grembo della nonna seduta dietro mentre le raccontava una storia.
Ma anche qualche parolaccia di qualcuno arrabbiato per l'inizio di un traffico del ritorno che l'avrebbe accompagnato chissà, fino a Milano o Bologna o verso altri luoghi e...
Ecco lo sapevo mi ero distratto e Marco aveva già imboccato la curva verso la Romagna e non avevo fatto in tempo a salutare il mare a dirgli arrivederci.
Mi  ero girato con la testa solo un attimo mi era apparsa quella distesa poi niente, sparita tra le auto e la strada, ecco come al solito la malinconia della fine di giorni spensierati e rigeneratori per me era arrivata.
Intanto che parlavo, Marco ascoltava la musica dalla radio, mi ero leggermente accovacciato sul sedile chiudendo gli occhi fingendo di dormire, avevo sentito la sua voce che diceva: "Ecco! La tua solita bella compagnia che fai Giampy... dormire." seguita da una leggera risatina. Sorrisi anch'io ma la mente era scivolata a qualche giorno prima.

Non avevo voglia di andare in spiaggia con la compagnia dell'albergo, neanche di passeggiare per Senigallia così avevo deciso dopo colazione di farmi un giro verso la periferia sud della città, dopo una lunga camminata e dopo una granita presa in una gelateria ero uscito dalla strada che costeggiava il mare ed ero sceso sulla sabbia di un spiaggia quasi deserta, un po' selvaggia.
Mi ero tolto le scarpe da tennis ed alzato un poco l'orlo dei pantaloni cominciando così a camminare  dove le leggere onde lambivano quella rena calda. Guardavo verso l'orizzonte, il sole era alto poi avevo notato una piccola duna di sabbia e velocemente arrivai presso questa e mi ero seduto di fronte al mare con le spalle coperte dalla calura dell'astro.
I piedi erano nell'acqua fresca che a piccole onde quasi ritmiche arrivavano fino a me, sorrisi come uno stupido al nulla davanti e chiudendo gli occhi, la mente era volata verso tutte le vacanze al mare che avevo fatto fin da bambino.
Lavagna era stata la prima che ricordi, avevo tre anni e fino a sette ci eravamo andati ogni estate, ricordo che mamma per la prima volta aveva visto una chiesa con due campanili e si era stupita.
Poi arrivò il tempo di Moneglia, più piccola ed intima e un mare più caldo di quello di Lavagna, me ne ero subito innamorato, facevamo ogni tanto qualche escursione a piedi fino a Lemeglio una frazione situata su un promontorio sopra la cittadina e da lì ammiravo la mia fonte di vita che un giorno mi regalò la veduta di una portaerei all'orizzonte.
Poi arrivarono in ordine Bellaria, Igea Marina con un mare meno splendido però che mi donava tanta forza e vitalità, seguirono Laigueglia, Mentone in Francia. Di nuovo Riccione, Fano, Jesolo e poi più avanti vacanze in posti lontani.
Ogni volta era come vivere in una favola, non sarei mai più tornato a Milano ma cercavo di godermi e "prendere" tutto ciò che il mare poteva regalarmi. La cosa più grande era il mio rigenerare da tutto ciò che era negativo o difficile.
Mentre la mia mente vagava in quei ricordi sulla spiaggia isolata, una frenata di Marco mi aveva fatto aprire gli occhi.
"Che succede?" gli avevo detto preoccupato e guardando fuori da finestrino avevo notato che non eravamo più in autostrada. "Ma che fai Marco sei impazzito? Dove stai andando?"
"Torniamo indietro." mi disse secco pur guardandomi sorridendo.
"Cioè? Hai dimenticato qualcosa in albergo?".
"Si, il voler continuare ancora per una settimana la vacanza, te la pago io e stai zitto."
"Ma cosa? Oddio...".
"Senti Giampy, ci conosciamo da troppi anni e non te l'ho mai detto ma il mare... Lo amo anche io." aveva detto in un fiato "Tu hai ancora quindici giorni arretrati di ferie da fare, io sono autonomo e davvero non ce la faccio a tornare a casa. Quindi si ritorna indietro."
Con l'auto era tornato al casello dell'autostrada verso il mare e subito dopo eravamo già in vista di Rimini."
Scoppiai in una risata di felicità e di sfogo, grande Marco, insieme avremmo vissuto per la prima volta una grande "rigenerazione doppia", il mare da lontano ci stava invitando ad affrettarci.
Mentre dalla radio una voce di un dj stava dicendo "E' mezzogiorno ragazzi andiamo con qualcosa di forte?", urlai in auto.
"Siiiiiiii...".
La grande distesa apparve nella sua bellezza azzurra davanti a noi ed era nostra.

Giampaolo Daccò.






 

mercoledì 21 dicembre 2022

UN SOGNO CHE DIVENTA REALTA'


UN SOGNO CHE DIVENTA REALTA'

Avevo scelto quel posto meraviglioso per una vacanza indimenticabile, dopo tre anni difficili passati a lottare, pieni di contrasti cercando di sistemare la mia vita dopo un cambiamento radicale di tutte le mie certezze. Il mio lavoro, la mia ex casa e una nuova città, nuove amicizie e tanto altro.

Ne avevo bisogno come quando la gola è arsa dalla sete, volevo solo mare, spiaggia, cielo azzurro e caldo e poter rilassarmi, dormire e anche divertirmi in ogni senso, conoscere nuove persone, vivere insomma e perché no? Lasciandomi andare ad avventure dopo tanta solitudine.

Quel giorno particolarmente bello, dove i colori sembravano più nitidi e mi sentivo come in paradiso, seduto su una sdraio comoda con gli occhi chiusi, sentivo le onde biancastre spumeggiare ed infrangersi sulla rena vicino a me, su quella spiaggia dorata. L'ombra delle palme, il vento era caldo, sospirai forte per assaporare il profumo salmastro dell'oceano, non mi ero mai sentito così bene.

Era come se fossi in un eden fantastico ed incredibile, un pomeriggio tardo, il sole meno caldo e forte per quell'ora ed il cielo si stava già tinteggiando di un arancione leggero, preludio del prossimo tramonto, era stata una vacanza in un certo senso sudata e meritata dopo quel periodo intento, pesante e difficoltoso.

Ero lì da pochi giorni e ne avrei passati altri venti, tra spiaggia, oceano, escursioni.. Incominciavo a sentire l'energia entrare in me. L'Hotel era elegante, incastonato in quel posto tropicale magnifico e pensando all'autunno europeo appena arrivato, mi sentivo un privilegiato, anche perché aldilà del personale del posto non conoscevo ancora nessuno.

"E da tanto che sta pensando al paradiso?" una voce gradevole ed ironicamente simpatica mi aveva scosso da quel tepore rilassante in cui stavo vivendo, aprendo gli occhi mi ero trovato di fronte ed in piedi davanti alla mia sdraio, una magnifica creatura, forse stavo dormendo e sognando? Una creatura del profondo oceano era apparsa silenziosa davanti a me?

Mi ero alzato dalla mia posizione e guardai quella figura come fosse un angelo caduto dal cielo: capelli neri, ricci e bagnati che scendevano fin sotto le spalle, occhi scurissimi dalle ciglia lunghe, bocca tumida leggermente imbronciata che incorniciava un sorriso bianco perfetto e subito il cuore incominciava a battermi forte.

Aveva sorriso davanti al mio stupore, balbettai qualcosa come "Si... certo... Qui è tutto un paradiso...".

"Hai gli occhi color del cielo e i capelli color del grano." incominciavo a pensare di essere quasi preso in giro era troppo strana la cosa. "Non ti sto prendendo in giro!" mi aveva detto smettendo di sorridere.

"Che fa mi legge nel pensiero?" avevo pensato.

"E non leggo nel pensiero.." in quel momento eravamo scoppiati a ridere, avevo tolto la fascetta che legava i miei lunghi capelli biondi che scesero fino sotto le spalle, avevo solo venticinque anni, sembravo un ragazzino, ero anche in forma fisicamente grazie allo sport e mi sentivo davvero soddisfatto da come mi guardava intensamente.

"Sembriamo Yin e Jang, sai di che parlo vero?", avevo annuito.

Non so come era accaduto, dopo una mezz'ora di chiacchiere dove si era parlato di tutto, ci siamo ritrovati a passeggiare lungo la spiaggia che incominciava a tingersi di rosso per il tramonto, il discorso prese la piega su argomenti esoterici, poi delle nostre vite ed infine delle bellezze del posto.

Avevamo scoperto che alloggiavamo nello stesso albergo, inoltre  avevamo in comune molti gusti come la pittura, il mare, lo sport, il ballo ed eravamo italiani entrambi, nonostante l'altra persona sembrava caraibica. Osservavo la diversità fisica dei nostri colori, tant'è che mi misi a ridere tra me, pensando a dei biscotti famosi per essere uno chiaro ed uno scuro incollati da un goccio di crema di vaniglia.

Più tardi avevamo cenato in un piccolo locale con indosso solo il costume da bagno coperto da un pareo, i nostri occhi si fissavano spesso, ma io mi sentivo arrossire, non so perché ma non mi era mai capitata una cosa del genere.

"Hai degli occhi blu molto intensi ma credo che cambino colore in base alla luce vero?" avevo annuito mentre osservavo i suoi neri  e profondi come la pece, indecifrabili. Avevamo ascoltato musica in un locale, un genere francese anni cinquanta, musica che amavo ed amo tanto poi prima di mezzanotte, quando in quella cittadina tutti si stavano divertendo con musica e balli, eravamo rientrati nel nostro hotel.

Era molto tardi, la notte era inoltrata e la luce della luna filtrava tra le finestre della sua camera, guardavo quella creatura completamente nuda abbracciata a me, le ombre disegnavano sul corpo curve ed onde scure e sensuali. Era stata una notte piena di passione, pensavo che sarebbe durata solo una volta, i suoi capelli neri lungo le spalle sembravano blu nella penombra e contrastavano con i miei e ancora mi venne in mente il simbolo dello Ying e Jang. 

Muovendosi, aveva aperto gli occhi su di me e subito un leggero bacio aveva colpito la mia bocca, avevo anche notato in quell'istante una cosa che non avevo visto prima, il tatuaggio Ying e Jang sulla sua spalla sinistra, sorrise mentre con un dito mi sfiorava le labbra.

"Non ci siamo incontrati per caso." aveva detto all'improvviso notando i miei occhi fissi sul tatuaggio "Era destino, me lo sentivo quando ti avevo visto entrare nella hall la prima volta con la valigia blu e lo zaino in spalla. Sembravi un angelo con i capelli lunghi e lo sguardo un po' perso, come un ragazzino del Liceo."

"Grazie..." avevo risposto così

"E per cosa? Passeremo le vacanze insieme se ti... Ma si che ti va, che lo sai, fino al giorno della partenza per le nostre città saremo  insieme, non possiamo farne a meno."

Così era stato, che giorni e notti meravigliose, un sogno diventato realtà, quello che desideravo da quando avevo prenotato il viaggio nei giorni precedenti alla partenza, sull'aereo che mi portava lì, un premio che pensavo di meritare. Avevo scoperto che eravamo anche sul volo di ritorno insieme, che meraviglia fino all'ultimo e se lo sapeva già dal principio?

Milano Malpensa, venti giorni dopo, venti giorni che non scorderò mai per la felicità, per la bellezza e le cose insieme fatte, sentivo ancora dentro il profumo del mare, dei nostri corpi, dell'atmosfera vissuta in quell'angolo di paradiso. Passata la dogana ci eravamo fermati in un bar per mangiare qualcosa, non sapevo se chiedere il  suo numero di telefono.

"Senti..." mi aveva detto all'improvviso "Non scambiamoci niente, te l'ho letto negli occhi. Ne telefono, ne indirizzo, nulla. So che abiti a Milano ed io a Roma.. Se il destino vorrà ci rincontreremo, meglio così." avevo risposto con un cenno della testa, sembrava un gioco magico e crudele, in quel momento mi sentivo preso in giro ma già in vacanza non avevano parlato se ognuno di noi avesse una persona al fianco, non avevamo sentito il bisogno di dircelo. Un bacio ed un abbraccio durato un'eternità aveva suggellato il nostro addio, mentre sentivo le lacrime salire agli occhi, ero stato troppo bene e felice.

Mi ritrovai a casa dopo due ore pensando a quell'avventura stupenda ed ai suoi occhi così penetranti, ma chi era infine? Avevamo parlato di tutto, ma di nessun progetto e futuro incontro, era stata un'avventura magica, avevo realizzato poi, che mi aveva riempito il cuore da un vuoto che durava da anni. forse mi era stato mandato un angelo per avere un po' di felicità?

Erano passati circa una quindicina di anni o poco più, per  lavoro mi ero ritrovato ad un convegno internazionale molto importante nella città eterna. Un luogo fantastico come ce ne sono tanti a Roma, centinaia di persone di tutto il mondo ed una noia mortale nel partecipare a tre conferenze che non finivano mai, dove pochi parlavano l'inglese e con le cuffie del traduttore si dovevano sorbire in lingue diverse ed incomprensibili, lunghi e spesso inutili discorsi.

Poi finalmente finite le conferenze, il penultimo giorno era dedicato alle visite della città, avevo scelto di andare con una comitiva di lombardi e svizzeri per un'escursione in Vaticano per visitare gli stupendi musei e mentre stavamo passeggiando tra quelle meraviglie tra quadri e statue, all'improvviso avevo avuto un abbaglio, non credevo ai miei occhi: poco distante davanti a me c'era la meravigliosa creatura di quella vacanza lontana.

Avevo riconosciuto subito gli occhi, la bocca mentre i capelli erano più corti, non era cambiata molto, solo la sua figura leggermente appesantita ma ancora affascinante, da perfetto idiota mi ero nascosto dietro ad una colonna dove erano appoggiate due persone per non farmi vedere, semmai mi avesse riconosciuto.

Non so perché lo avevo fatto ma mi sentivo in imbarazzo, non ero più solo sentimentalmente e forse rivedendoci sarei rimasto imbambolato e non avrei saputo dire qualcosa oppure comportarmi normalmente. Quando poi la sua figura era svanita tra la folla che usciva verso i giardini, mi mi ero spostato da dalla colonna e raggiunsi il mio gruppo vedendo lo sguardo stupito e interrogatorio apparso sul volto della persona con cui mi ero sposato da poco, come  dire "Ma dov'eri finito?"

Dieci minuti dopo mentre eravamo vicino all' uscita dei giardini, un signore con la divisa da guida si era avvicinato chiamandomi gentilmente.

"Signor Daccò? Giampaolo Daccò?"

"Si sono io." avevo detto stupito.

"Le devo consegnare questa busta da parte di una persona che mi ha fermato poco fa. Mi aveva detto che non era riuscito a parlarle per le molte persone che impedivano di avvicinarsi. Mi scusi ecco a lei." presi la busta e lo ringraziai ed intanto mi ero guardato intorno per vedere se c'era, era impossibile e troppa era la folla. Avevo le mani tremanti, sapevo che quel messaggio era suo ed appena rimasto solo l'avevo aperta, le parole scritte in quel foglio leggendole mi bruciavano come il fuoco sulla pelle e nel cuore:

"Angelo biondo, ti ho finalmente rivisto dopo tutti questi anni, ti osservavo da lontano mentre non ti eri accorto di me, anche solo per pochi secondi nel mio tempo disponibile mi fermavo a guardarti. Avevo capito che non eri da solo in quel momento, così ho evitato di avvicinarmi. Volevo dirti che non ti ho mai dimenticato sei e lo sarai per sempre il mio angelo biondo, il ragazzo indimenticabile che in quei giorni lontani mi aveva salvato da un dolore forte, dalla perdita dei miei per un incidente aereo. Ero in vacanza per dimenticare ed eri arrivato tu, non te lo avevo mai detto, mi hai salvato con il tuo cuore. Sono sicuro che ci rivedremo ancora anche se non so quando. E' destino Jang, sono sicuro che il mare sarà il luogo esatto, ma non so quanto tempo passerà. Per sempre, Ying."

Avevo sorriso mettendomi in tasca la busta mentre un'emozione forte saliva dallo stomaco e mi ero accorto che stavo piangendo, mi ripresi subito anche per ché mi stavano chiamando per salire sul pulmino che ci portava a pranzo in Hotel.

Mi sono sempre chiesto ed ancora oggi se quel sogno fosse stato vero nonostante tutto, eppure una busta messa nella scatola dei miei ricordi più belli lo conferma, quell'avventura e quel sogno era stati reali.

Giampaolo Daccò

martedì 13 dicembre 2022

VELI TRASPERENTI, OPACHI COME MURI INVISIBILI


OMBRE

    OSCURITA'

        FANTASIE

            SOGNI

                MONDI

                     MISTERI

                          VISIONI

                               ESTASI


VELI

Un freddo pungente che ti penetra nelle ossa nonostante il cappotto caldo e la sciarpa attorno al collo. Le mani gelate nei guanti di lana e i piedi intorpiditi con a fianco la piccola valigia in attesa del treno che ti riporta a casa.

Un tardo pomeriggio quando la sera si avvicina, dove una leggera bruma grigia fa si che i contorni siano leggermente foschi e le luci dei lampioni sembrano girasoli luminosi indistinti in quel paesaggio scuro.

Così la nebbia che avvolge i contorni vicini della stazione come un velo trasparente ed opaco da un senso, con la sua luce fioca e strana, quasi incolore ai personaggi che attraversano le corsie, che sono in attesa di altri treni, che aspettano qualcuno che arrivi con il prossimo treno o si mettono in fila per acquistare il biglietto alle casse.

Una luce sinistra dona ai vagoni fermi o in viaggio veloci, quasi fossero fantasmi grigi pronti a raggiungere chissà quale posto lugubre o soleggiato... Chissà dove. Annunci gracchiati confusi tra lo sferraglio nelle rotaie di qualche vettura in movimento.

 Due bambini vicino a me piangono mentre, i genitori li coprono alla bell'e meglio con giacche a vento colorate e guanti di lana tra la bruma che si stava alzando sempre di più attorno a noi, facendoci sentire quasi soli e persi in paesaggio senza colori.

Mi stringo tra le spalle sperando che il freddo non mi faccia star male più di quanto non lo stia e subito la mente vaga in quel ricordo di poche ore prima.
La nebbia ancor più fitta di quel primo pomeriggio stesso non permetteva di osservare dalla finestra di quella camera asettica, il paesaggio fuori, ne il bosco ne il fiume tortuoso scorrevano sotto i miei occhi ma solo ombre indistinte.

Un pallido sole faceva capolino a metà del cielo ma presto scompariva tra le nuvole nel cielo di un colore indefinito, mi ero girato verso quel letto, la mano di lei stringeva la mano della persona che stava con me, ma la prima era ormai una mano fredda inerte.
Mi ero avvicinato quasi con timore, le due mani si lasciarono lentamente e quella di lei cadde sul petto rimanendo ferma come quella di una bambola di pezza.

suoi occhi guardavano lontano, occhi che un tempo erano verdi, luminosi, pieni di vita, ed ora diventati ormai oscuri, pieni di ombre, ombre che segnano l'oblio e le visioni di chissà quali mondi sconosciuti pieni di cose senza nome, occhi coperti da veli.
La mano dell'altra persona mi accarezzava la spalla mentre io prendevo nelle mie quella ferma e rigida di lei.

Lo sguardo della donna guardava lontano... Chissà, verso orizzonti sconosciuti ma dalla mia bocca uscì quella parola magica che solo una donna può capire, "sentire dentro". Fu un attimo ed una luce nei suoi occhi illuminò improvvisamente le pupille vacue, forse un mezzo sorriso si era aperto sul viso pallido e magro.

Io e l'altra persona ci eravamo guardati negli occhi, mi avvicinai ancora più vicino e ripetei la parola magica sfiorandole la fronte con un bacio ma quegli occhi che un attimo prima parevano illuminarsi erano di nuovo spenti, dissi ancora per tre volte la parola magica ma nulla.
Eppure una lacrima aveva fatto capolino nell'angolo dell'occhio di lei ma non cadde sul volto. Forse non era stato nulla, forse un gesto incondizionato ma... Lo scintillio di quella lacrima c'era, l'avevamo visto.

Allontanandomi di poco sempre tenendo la sua mano inerme, avevo visto nuovamente e come sempre, il suo volto inespressivo, il suo sguardo vuoto ed il mio cuore sembrava avvolto dalla nebbia che brulicava fuori da quella stanza, lo vedevo come nascosto da un velo grigio opaco.

Rieccomi di nuovo al presente in quella stazione ora piena di persone.

Il mio treno sta per arrivare, vedo le luci avvicinarsi sempre di più, diventando più nitide tra il velo della nebbia attorno. Lo stridio dei freni ed il rumore che lo accompagna copre l'annuncio del suo arrivo.

Prendo in mano la mia borsa appoggiata a terra e salgo velocemente nel vagone, finalmente il caldo dello scompartimento, mi da un brivido piacevole sulla schiena e così mi siedo in un posto vicino al finestrino in modo da poter guardare fuori il paesaggio che si prospetterà nel viaggio.

In pochi minuti il treno riprende la sua corsa verso la metropoli, le luci fioche della città che stiamo lasciando alle spalle, sfrecciavano di fianco a me e chiudendo gli occhi, rivedo quello sguardo nascosto dai veli di un mondo misterioso dove lei vive da molti anni ormai, lei da quando "aveva deciso", in un certo senso, di non vedere e vivere più ciò che di brutto le stava attorno.

Un giorno non lontano so che quei veli dell'oblio e dell'oscurità cadranno e finalmente anche lei vedrà la vera luce e la vera vita.

Giampaolo Daccò

mercoledì 11 maggio 2022

UN BIMBO PERFETTO


 UN BIMBO PERFETTO

Paolino
Paoletto
Paolo
GiPi
Giampaolo
Giampy
Quanti nomi
può avere un bimbo
che diventa adulto
e poi vecchio?
Per essere
sempre lo stesso
essere che conoscono?
Eppure ogni volta
chiamato
con nome diverso
lui "era" diverso
Dolce con Paolino
Dispettoso con Paoletto
Distante con GiPi
Divertente con Giampy
Distinto con Giampaolo
Da anziano sarò il Signor Giampaolo o ...
Ah ecco vi siete
accorti della D
davanti alle sue personalità?
Ovvio: D
vuol dire
Daccò
un cognome indelebile
strano di dubbie origini
franco-spagnole
ecco chi è
quel bimbo e poi uomo.
Poliedricamente Daccò.
Giampaolo Daccò 🙂